Gesù racconta una parabola ai suoi discepoli:
-Un uomo ricco, saputo che il suo amministratore sperpera i suoi averi, lo licenzia.
Il dipendente, temendo la condizione di povertà che lo attende chiama i debitori del suo padrone e
abbuona loro parte di quanto gli avrebbero dovuto, allo scopo di trovare ospitalità presso di loro nel tempo
della miseria che lo attende.
Il padrone frodato esalta l'amministratore disonesto per la sua scaltrezza, rimprovera invece i figli della
luce, incapaci di procurarsi i beni eterni con la "disonesta" ricchezza.
La ricchezza per il Vangelo è sempre "disonesta" perché racchiude chi ha molto nella casta dei potenti della
terra, capaci di portarsi via tutto, mediante leggi, scelte a loro misura, che impoveriscono gli altri, i più.
Il Vangelo non può accettare che noi, tutti figli dello stesso Padre, ci distinguiamo, in ordine ai nostri beni,
in "dominatori" e "servi". Ecco perché Gesù, Parola di Dio, riconosce ad ognuno di noi il diritto di avere solo
quanto gli è necessario, il resto, il di più, appartiene a quanti abbiamo impoveriti.
Nell'equa ridistribuzione dei beni eccedenti, con chi è in stato di bisogno, noi avremo posto nel Regno di
Dio.
L’ingiustizia di chi ha troppo crea la povertà di molti; solo nell’eguaglianza comune, voluta e accolta, vive il
Padre di tutti noi, l'Abbà amatissimo.
PreghiamoLo insieme: "Padre nostro..."