di Giorgio Mantovano
Sul sito istituzionale della Banca d'Italia è stata pubblicata, per la consultazione e per eventuali osservazioni e proposte da sottoporre al medesimo organo di vigilanza entro il 22 maggio 2009, la tanto attesa revisione delle Istruzioni in materia di rilevazione trimestrale dei tassi effettivi globali medi, ai sensi della normativa anti-usura (Legge n. 108/1996). L'obiettivo dichiarato è quello di adeguare le precedenti Istruzioni impartite alle banche ed agli intermediari finanziari, nel febbario 2006, ai mutamenti del quadro normativo e di superare alcuni rilevanti problemi applicativi riscontrati nel corso di oltre un decennio di applicazione della normativa anti-usura. Prima di dar conto delle rilevanti novità non appare superflua qualche breve considerazione di fondo. Le Istruzioni della Banca d'Italia hanno assunto un valore fondamentale nella normativa penale di contrasto all'usura (art.644 c.p.), ritenuta parzialmente "in bianco", in quanto rimessa, per gli aspetti più prettamente tecnici, all'autorità amministrativa. Come è noto, le banche e gli intermediari finanziari sono tenuti ad ossequiare i criteri di calcolo, in esse indicati, per la rilevazione del T.e.g. (tasso effettivo globale) e per la conseguente verifica, nel tempo, del superamento o meno del tasso ‘soglia', oltre il quale il rapporto economico assume carattere usurario. In passato, le Istruzioni, malgrado alcuni necessari aggiornamenti, hanno suscitato non poche polemiche, dimostrando di essere il terreno di scontro elettivo di ogni attività peritale, chiamata a valutare la sussistenza o meno dell'usurarietà, interpretando ed applicando, nelle aule di giustizia, i criteri metodologici in esse previsti. Tra le principali critiche si è posta la questione della mancata inclusione, nella formula di calcolo del T.e.g., di alcuni costi, tra cui spiccava, ad esempio, l'opaca commissione di massimo scoperto (c.m.s.), la cui esistenza si rinviene già nella manualistica di tecnica bancaria dei primi decenni del secolo scorso. In effetti, con riferimento a questa voce che, unitamente agli interessi, risulta una delle componenti del compenso globale dovuto dal cliente, la Banca d'Italia, sin dalle prime Istruzioni, pubblicate nel 1996, aveva assunto una posizione in qualche modo ambigua, non includendola tra gli oneri, pur precisando che essa veniva rilevata separatamente ed espressa in termini percentuali. Non si chiariva, però, quale significato attribuire a tale separata indicazione. E ciò finiva con il creare un senso di diffuso disorientamento nella dottrina poiché trattavasi indubbiamente di un onere, scarsamente trasparente, connesso all'erogazione del credito. Lo stesso Governatore della Banca d'Italia, in occasione della consueta relazione annuale del 31 maggio 2008, aveva sollecitato il mondo bancario a sostituirla con una commissione più chiara, parametrata alla dimensione del fido accordato, come avviene da tempo in altri paesi. Ed anche il Presidente dell'Antitrust, lo scorso anno, le aveva puntato il dito contro, definendola una prassi iniqua che doveva essere abolita. Non si erano sopiti, difatti, gli echi di una clamorosa sentenza del Tribunale penale di Palmi (la n. 1732 dell'8 novembre 2007), che aveva assolto nove imputati, tra cui vari esponenti di vertice del mondo creditizio, con la formula "per non aver commesso il fatto", pur avendo riconosciuto l'esistenza di un'usurarietà oggettiva a carico di un importante gruppo imprenditoriale calabrese, nell'ambito di alcuni rapporti di conto corrente. In quel processo, il perito d'ufficio, proveniente dalla Banca d'Italia, aveva accertato una serie di sforamenti, in alcuni trimestri, ora nei confronti del tasso cd. soglia, ora nei confronti della C.m.s., ora nei confronti di entrambe le grandezze. Quella sentenza, che non era riuscita ad individuare un colpevole ed era stata immediatamente impugnata in Corte d'Appello (si attende tuttora l'esito), aveva affermato, per la prima volta in Italia, l'autonoma rilevanza penale della c.m.s. nella verifica dell'usurarietà del rapporto. Si era detto che la c.m.s. è un costo collegato all'erogazione del credito e, pertanto, da tenere in considerazione come elemento potenzialmente produttivo di usura. Il limite oltre il quale essa acquisiva rilevanza penale era, dal Tribunale di Palmi, individuato nella media, indicata trimestralmente dai vari Decreti ministeriali, pro-tempore vigenti, aumentata del 50%. Pur trattandosi di un orientamento non condiviso da altri Giudici, quella pronuncia, aveva avuto il merito di stimolare ulteriormente il dibattito in corso, scuotendo il mondo bancario e sollecitando, ancora una volta, l'intervento del legislatore. Come è noto, l'art. 2 bis della legge n. 2 del 28 gennaio 2009 ha dedicato una certa attenzione alla c.m.s. ed alle clausole contrattuali, comunque denominate, di remunerazione per la messa a disposizione di fondi, cercando di eliminare le incongruenze e gli aspetti forse più vessatori, decretandone, al contempo, anche la rilevanza penale ai fini della normativa anti-usura. Le recenti Istruzioni della Banca d'Italia, datate maggio 2009, si adeguano, ovviamente, a quel disposto normativo ma ampliano, anche, la platea delle spese e dei costi da includere nel calcolo del T.e.g.. In estrema sintesi, oltre alla c.m.s. ed agli oneri per la messa a disposizione dei fondi, si prevedono ulteriori ipotesi di costo da inserire nel conteggio del tasso effettivo globale. In particolare: il costo dell'attività di mediazione svolta da un terzo, indipendentemente dalla forma tecnica del finanziamento; i costi relativi alle operazioni di pagamento e di prelievo; i costi connessi all'utilizzazione di un mezzo di pagamento che permetta di effettuare pagamenti e prelievi. La necessità, poi, di uniformare, ove possibile, la base di calcolo del T.e.g. a quella dell'indicatore di costo (il T.a.e.g.), previsto dalla Direttiva sul Credito al consumo (2008/48/CE), al fine di migliorare il livello di protezione del consumatore e le possibilità di raffronto tra le condizioni ed i costi del credito, portano ad includere nel T.e.g. alcune spese precedentemente escluse dal conteggio. Il riferimento è ai costi assicurativi obbligatori per legge, ai recuperi di spese, ecc.. Ed ancora, tra le novità più salienti vi è, senza dubbio, la modifica dei criteri di rilevazione degli oneri nella formula di calcolo del T.e.g.. Gli oneri su base annua saranno calcolati includendo, a differenza di prima, tutte le spese sostenute nei dodici mesi precedenti la fine del trimestre di rilevazione. E' una scelta che differisce rispetto alla temporalità degli interessi, ancorati alle competenze di pertinenza del trimestre di riferimento. Muta anche lo schema segnaletico per conformarsi alle statistiche europee, con cambiamenti previsti per le classi di durata, di importo e che tiene conto delle diverse condizioni applicate a famiglie ed imprese. Permane l'esclusione dal calcolo degli interessi di mora. L'impressione finale, leggendo il vasto articolato tecnico, è che, malgrado alcuni passi in avanti, si sarebbe potuta offrire, su taluni aspetti (giorni valuta, nozione di portafoglio finanziario, concetto di costo effettivamente sostenuto dall'intermediario, ecc.), una migliore puntualità, eliminando possibili contraddizioni, anche ricorrendo, laddove ve ne fosse stato bisogno, ad ipotesi di calcolo esemplificative, che avrebbero di sicuro giovato alla determinatezza della fattispecie penale. Ma tant'è. Il che dimostra quanto sia ancora impervia la lotta contro il deprecabile fenomeno dell'usura. Dr. Giorgio Mantovano www.studiomantovano.it