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Derivati, Enti Locali e banche: cosa cambia

Data: 03/11/2009 - Ora: 09:10
Categoria: Economia

Derivati, Enti Locali e banche: cosa cambia

di Giorgio Mantovano

Si chiamano prodotti derivati e l'argomento, d'incanto, evoca timore. Oggi che la crisi incombe si ha paura degli enormi rischi di perdite assunti da imprese ed Amministrazioni locali; sullo sfondo, talvolta, di non pochi abusi celati dietro questi complessi strumenti finanziari. Come si ricorderà, nella trasmissione Report del 14 ottobre 2007 fu lanciato un serio grido di allarme. Si disse che la patria in cui nascono questi prodotti non regolamentati, detti OTC dall'acronimo dell'espressione anglosassone ‘Over the counter', è Londra.

Qui si fabbricano i prodotti più sofisticati destinati al fragile mercato italiano, prodotti privi delle necessarie tutele, come ha riconosciuto la Consob. Si sottolineò che nelle banche d'investimento della City lavorano giovani banchieri dai 25 ai 40 anni che escono dalle migliori scuole di finanza ed a quelli che riescono a chiudere uno swap con un Ente locale italiano le banche assegnano dei premi di centinaia di migliaia di sterline. Si spiegò che, spesso, si tratta di strumenti finanziari complessi ed opaci che, invece di cautelare l'azienda o l'ente da oscillazioni dei tassi di interesse su sottostanti operazioni di indebitamento, finiscono con l'essere delle vere e proprie scommesse dei cui rischi il sottoscrittore è, il più delle volte, ignaro.

Prodotti dai costi impliciti non evidenti, rifilati un po' a tutti, dalla grande Regione al piccolo Comune di montagna, dal salumificio al trasportatore di merci, dall'imprenditore di calze al carrozziere. Gran parte dei sottoscrittori, peraltro, si scopriva leggendo i contratti, avevano attestato di essere operatori qualificati e, per questa ragione, non abbisognavano, secondo la normativa, di una serie di tutele e garanzie, a cui le banche sarebbero state, altrimenti, tenute. Dalla trasmissione, che suscitò grande clamore, emerse, dunque, uno scenario preoccupante che ha trovato recente conferma nelle relazioni, nel primo trimestre 2009, della Consob e della Corte dei Conti presso la VI Commissione Finanze del Senato, nell'ambito di una indagine conoscitiva sull'uso e la diffusione degli strumenti di finanza derivata nelle pubbliche Amministrazioni. Il Servizio Studi economici della Banca d'Italia ha precisato che, alla fine di marzo 2009, le Amministrazioni territoriali che utilizzavano strumenti derivati, con controparti le banche italiane, erano 496 e, tra esse, comparivano 13 Regioni, 28 Province e 440 Comuni. Sul fronte, invece, delle indagini penali, a seguito dell'audizione del Generale della Guardia di Finanza, Giuseppe Vicanolo, si è appreso che, dal gennaio 2008 al maggio 2009, sono stati aperti 24 filoni di indagine in tema di swap.

Le ipotesi investigative, concernenti i reati di truffa, appropriazione indebita e falso, vedono interessate le Procure di mezza Italia, da Ragusa a Milano, passando per Messina, Brindisi, Bari, Napoli, Roma, Firenze, Bologna,Torino, Verona, Asti e Como. Ulteriori accertamenti, in materia di spesa pubblica, risultano, inoltre, essere stati delegati alla G.d.F. dalle Procure Regionali della Corte dei Conti del Lazio, del Veneto, della Puglia, dell'Umbria e del Piemonte, alla ricerca di eventuali responsabilità per danni erariali da parte di funzionari ed amministratori locali. E' la conferma che i prodotti derivati costituiscano materia da maneggiare, con assoluta cautela, da parte di imprese ed Enti locali. Non a caso, agli inizi del nuovo secolo, il famoso magnate statunitense, Warren Buffet, ebbe a definirli ‘arma finanziaria di distruzione di massa'. Quell'opinione fu aspramente contestata da Greenspan, all'epoca potente presidente della Federal Reserve, per il quale i prodotti derivati avevano arrecato più benefici che costi e non avevano bisogno di essere regolamentati. Fatto sta che, da quando la crisi sui mercati finanziari è esplosa, Greenspan è stato costretto ad ammettere di essere, fatalmente, caduto in errore, reo di aver coltivato la pia illusione che i mercati sappiano regolarsi da sè. Di recente Marco Onado nel bel saggio "I nodi al pettine. La crisi finanziaria e le regole non scritte", ha ricordato che il rapporto del Gruppo dei Trenta, per la prima volta, ha affermato esplicitamente la necessità di dettare regole per il mercato non regolamentato, in cui è trattata la quasi totalità dei 600 trilioni di dollari di derivati. Nel nostro Paese, a partire dalla finanziaria per l'anno 2002, si è assistito ad una rincorsa normativa e regolamentare che, se ha confermato la legittimità dell'uso di tali strumenti finanziari da parte degli enti locali, ha cercato anche di imporre dei paletti sempre più rigidi nei confronti della tipologia di operazioni ammesse e degli adempimenti informativi, a testimonianza di una consapevolezza crescente dei potenziali rischi e dei possibili abusi.

E' utile, difatti, ricordare che la legge finanziaria per il 2007 aveva dettato alcune regole maggiormente restrittive ed, in relazione alle situazioni di grave irregolarità, aveva individuato un apposito procedimento di controllo affidato alla Corte dei Conti. In sostanza, il legislatore aveva stabilito che le operazioni di gestione del debito, tramite strumenti derivati, dovessero essere improntate alla riduzione del costo finale del debito, alla riduzione dell'esposizione ai rischi di mercato ed all'accessorietà rispetto a passività effettivamente esistenti. Anche con la finanziaria per il 2008 vi era stato un rafforzamento sia dei poteri di verifica esterni che un richiamo agli obblighi di trasparenza che debbono informare la contrattazione. Successivamente, era stato fatto espresso divieto agli Enti locali di stipulare contratti in derivati fino alla data di entrata in vigore di una più puntuale normativa regolamentare.

E' dei giorni scorsi la notizia della pubblicazione della bozza dell'atteso regolamento. Il testo, ancora provvisorio poiché a consultazione pubblica con termine sino al 30 ottobre 2009 per eventuali osservazioni, raccoglie, in parte, alcuni suggerimenti critici espressi dalla Consob e dalla Corte dei Conti. Appare evidente la preoccupazione di assicurare la migliore comprensione e trasparenza possibile. E' un regolamento suscettibile di ulteriori limature ma il suo contenuto è destinato ad assumere assoluta importanza nella contabilità pubblica. I mercati richiedono regole e controlli efficaci ed indipendenti per garantire una reale tutela del risparmio. L'importante, di questi tempi, è non dimenticarlo.

www.studiomantovano.it

Autore: Giorgio Mantovano

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