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Data: 16/10/2012 - Ora: 12:37
Categoria:
Economia
Le nazioni Unite lanciano l’allarme disoccupazione in tutto il mondo. L’ Eurozona conta 18 milioni di disoccupati e intanto, in Italia, il fenomeno incide sulla vita di tutti i giorni
E’ Guy Ryder, numero uno dell’ OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) a lanciare l’allarme "disoccupazione". Secondo le Nazioni Unite, sono tangibili, oramai, le ripercussioni della crisi economica mondiale sul mercato del lavoro. 30 i milioni di impieghi perduti, anzi cancellati, che potrebbero diventare 40 alla fine dell’anno prossimo. E il numero di disoccupati, in tutto il mondo, sfiora l’incredibile cifra di 207 milioni, dei quali, dato ancor più sconfortante, un terzo è al di sotto dei 25 anni.
Ma l’allarme non ci giunge del tutto nuovo. Un campanello ci pareva di averlo già sentito risuonare non troppo lontano, insomma. Secondo le statistiche dell'Eurostat, agenzia UE con sede in Lussemburgo, infatti, in agosto, i disoccupati contati nei 17 Paesi della zona "Euro" ammontavano a più di 18 milioni. Mentre, in totale, i 27 paesi dell’Ue ne contano 25, 466. Un livello record, se pensiamo che il tasso di disoccupazione europeo, possiamo ormai affermarlo, è del 10,5%.
Le più colpite sono Spagna e Grecia con, rispettivamente, un tasso di disoccupazione del 25% e del 24%. Ma in Italia, e soprattutto al sud, le orecchie ci funzionano ancora, e questo campanello d’allarme, lanciato solo ora dalle Nazioni Unite a livello mondiale, ci era parso di sentirlo già da tempo. Anzi, a dirla tutta, pochi sono gli argomenti che esulano da questo, ormai. Sarà perché, beata ignoranza, ci affligge, sempre in maniera più consistente, il fenomeno della disoccupazione intellettuale. Sarà perché, ai giovani 2.0, abituati da mamma e papà ad avere un po’ tutto, la gavetta dopo tre giorni puzza. E mettiamoci pure l’alto costo che un’azienda deve sostenere per avere un dipendente in regola. Così che la moda del lutto colpisce ancora: tutti a nero. E poi la fantascienza diventa realtà: le macchine prendono il posto degli uomini. Ma non solo. Un panorama universitario alquanto confuso e poco orientativo, delocalizzazioni aziendali, esternalizzazioni, insomma, si taglia qui e la e si salvi chi può.
Fatto sta che, amaro finale, nel sud Italia i curricula si utilizzano più per fare barchette che per allocare risorse nelle realtà del territorio. La speranza risiede nella realizzazione di economie che prendano al più presto contromisure decisive per frenare un’emorragia come questa, di portata devastante. E la speranza, si sa, è l’ultima a morire.
Per info www.sportellodeidiritti.org
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