Il Centro antitratta viene spostato in Viale Marche 17, nel luogo in cui sono presenti tutti gli altri servizi ai migranti
Dal 2000 al 2008 il progetto "Libera" (art. 18 del D.Lgs. 286/98) finanziato dal Dipartimento Pari Opportunità e cofinanziato dalla Provincia di Lecce, cresce:
1. dalla tratta di donne a scopo di sfruttamento sessuale dei primi anni passa a quella a scopo di grave sfruttamento lavorativo e altri motivi per poi includere la tratta maschile. In risposta all'emersione delle vittime sul territorio di Lecce, Brindisi e Taranto, differenzia e aumenta le strutture, aumenta e professionalizza il personale, potenzia e amplia la rete di partners. La Provincia di Lecce, facendo proprie le esigenze di contrasto al traffico di esseri umani e di inclusione sociale delle vittime, investe fortemente nel progetto con un cofinanziamento superiore a quello richiesto dai bandi ministeriali e si costituisce parte civile nei processi penali in cui parti offese sono le persone in protezione sociale. Aderire al progetto, vuol dire, per le persone vittime di tratta, partecipare a un percorso di un anno e mezzo fino all'inclusione lavorativa e sociale;
2. al progetto "Libera" si aggiunge il progetto "Libera - Percorsi integrati per l'individuazione e l'accoglienza di persone ridotte o mantenute in schiavitù e in servitù" finanziato anch'esso da Dipartimento Pari Opportunità ai sensi dell'art. 13 della Legge 228/2003. Aderire al progetto, assicura alle vittime il diritto a tre mesi di vitto, alloggio e assistenza sanitaria;
3. partendo dalla consapevolezza che il fenomeno della tratta di esseri umani sia complesso, articolato, transnazionale, e che il suo contrasto, unitamente alla protezione delle vittime in qualità di testimoni, non possa non coinvolgere tutti i soggetti deputati, magistratura e forze dell'ordine, servizi di assistenza alle vittime, la rete dei partner si amplia e include altri Paesi dell'Unione Europea. a. Con i progetti ENaT- European Network against Trafficking (finanziati dalla Commissione Europea nell'ambito del programma AGIS) si crea una rete transnazionale con Italia, Spagna, Francia, Slovenia, Romania, Croazia e Albania finalizzata all'individuazione delle migliori prassi e alla elaborazione e ratifica di protocolli di cooperazione.
Nel corso del progetto, si sono organizzate conferenze e seminari di due giorni a Lecce, Venezia, Nizza, Zagabria, Bucarest, Barcellona, e creata una vasta rete trasnazionale composta da forze dell'ordine, magistarutura e servizi di assistenza vittime dei 7 Stati coinvolti. Con il progetto CAIA (Centro Antiviolenza Italo-Albanese), la Commissione Europea, nell'ambito del Programma di Prossimità Italia – Albania INTERREG / CARDS 2004 – 2006, ha finanziato "interventi che mirano ad adeguare i centri di accoglienza anti-tratta esistenti". Il programma è specificamente rivolto al potenziamento strutturale dei centri di accoglienza antitratta attivi da almeno tre anni sul territorio pugliese. Con tale finanziamento, un'ala dell'ex Asilo Infantile Massa, in Piazza Duca D'Enghien a Lecce, è stata ristrutturata in cambio di un contratto di comodato d'uso gratuito della durata di 6 anni. Il centro CAIA, completamente arredato e allestito, è stato inaugurato il 23 dicembre 2008 dall'allora vicepresidente Loredana Capone. IN SINTESI: dal 2000 fino al 23 dicembre 2008, il progetto "Libera" registra un crescendo continuo di attività e risultati, nazionali e internazionali. Il 2008 si chiude con una nuova ulteriore struttura a disposizione gratuitamente per sei anni: il Centro CAIA.
2008- 2011: LA DEMOLIZIONE Dal 2008 ad oggi, al cambio di amministrazione, avviene il seguente processo di demolizione sistematica:
1. una riduzione del cofinanziamento della Provincia di Lecce. Il primo atto della Giunta Gabellone verso il progetto "Libera" è la riduzione dell'importo del precedente cofinanziamento, per restare dentro i limiti minimi richiesti dal bando pari al 30% (delibera della Giunta Provinciale n^ 239/2009); 2. contemporaneamente dai progetti scompare l'èquipe storica, con più di 10 anni di esperienza specifica sulla tratta, ridotta a ruolo amministrativo, per far posto a personale esterno con zero anni di esperienza specifica (si veda il progetto allegato alla delibera della Giunta Provinciale n^ 239/2009) o con max (?) 3 anni di esperienza specifica (si veda il progetto allegato alla delibera della Giunta Provinciale n^ 197/2010), tre anni "massimo" che tra l'altro scompaiono nel recente avviso pubblico per l'affidamento di incarichi (determinazione n. 63 del 12/05/2011) nel quale l'esperienza specifica non viene minimamente richiamata.
Quindi, se da un lato i bandi ministeriali richiedono personale specializzato e con competenza specifiche sulla tratta, dall'altro, la Provincia, per realizzare quegli stessi bandi, ritiene che non ce ne sia bisogno. In più, offende e umilia l'èquipe storica, protagonista dei risultati su elencati e dalla professionalità specifica esclusiva nei territori di Lecce, Brindisi e Taranto, dichiarando, nella determinazione che indice l'avviso pubblico per incarichi presso il progetto "Libera" n. 63 del 12/05/2011: "che le attività afferenti gli incarichi non sono svolte da personale dipendente dall'Ente e non rientrano fra le attività ordinarie dell'Ufficio, in quanto trattasi di percorsi di protezione sociale mediante interventi di assistenza ed integrazione per le persone straniere vittime di sfruttamento ai sensi dell'art. 18 del D.lgs 286/1998".
Oltre a ciò, il personale del progetto, stabilizzato a norma di legge, vive e lavora con le indicibili tensioni e preoccupazioni derivanti dall'apertura di un procedimento di revoca della loro assunzione, con la spada di Damocle del licenziamento.
3. il Centro CAIA, di cui si diceva su, appositamente finanziato dalla Commissione Europea come Centro Antitratta e in comodato d'uso gratuito al progetto "Libera", viene NUOVAMENTE INAUGURATO il 21 novembre 2009, dall'assessore Filomena D'antini, ma questa volta come "Centro Risorse Famiglia". Di fatto viene destinato definitivamente ad altro scopo;
4. Infine, l'ultimo atto: la sede storica del progetto "Libera" è stata chiusa pochi giorni fa, a fine giugno, in modo brutale e non consono al rispetto degli utenti in protezione sociale. Lo scopo dichiarato è di risparmiare sui fitti passivi, si dice nella delibera della Giunta Provinciale che stabilisce il trasferimento.
Ma allora, tutti penserebbero, il Centro Antitratta si sposta finalmente in piazzetta Duca D'Enghien? E' in comodato d'uso gratuito ed è specificamente destinato al progetto. No, ricordiamo che nel frattempo l'assessore D'Antini lo ha destinato e ufficialmente inaugurato come Centro Risorse Famiglia. Quindi? Dove va il Centro Antitratta? Dove trasloca la casa delle persone vittime di tratta, il luogo riservato, autonomo, sicuro, dove si recano quotidianamente per svolgere le innumerevoli attività che accompagnano una persona che arriva senza nulla, senza documenti, vestiti, senza forza, e ne esce con un lavoro e una possibilità concreata per il suo futuro? Il Centro antitratta viene spostato in Viale Marche 17, nel luogo in cui sono presenti tutti gli altri servizi ai migranti. Conosciuto e frequentato da tutti i migranti di Lecce, regolari e non, per le numerosissime pratiche di cui hanno bisogno, in luogo non idoneo a ospitare le vittime di tratta (si ricordi che queste hanno denunciato sfruttatori e trafficanti e sono testimoni di giustizia cruciali).
E' come mettere in vetrina le vittime, e a viale Marche (conoscete una via più trafficata?) è davvero facile, esponendole a quei rischi di ritorsione in ragione dei quali sono in protezione sociale. E' come mettere un collaboratore di giustizia della Sacra Corona su un palco, in piazza o in altro luogo ad alto rischio. Il sospetto è che il trasferimento serva solo a pagare l'esoso affitto di viale Marche a cui vanno aggiunti tutti i costi del trasloco e della messa a norma dell'area destinata al progetto, palesemente carente dal punto di vista dell'agibilità e delle norme igienico-sanitarie. Resta da vedere quale sarà la quota del fitto di 65.000 euro l'anno che il progetto "Libera" dovrà pagare con i fondi ministeriali per tale sede incongrua e pericolosa. Sarebbe davvero assurdo, dover pagare la stessa o una più alta quota di affitto rispetto a quella fin qui pagata pari a poco più di 17.000 euro.
QUALI PROSPETTIVE L'impressione generale che si ricava da tutto questo è che, per l'attuale amministrazione provinciale, il progetto "Libera", con i fondi ministeriali che riesce ogni anno a far entrare nelle casse della Provincia, serva solo a pagare i fitti e a dare incarichi a persone che con la tratta non hanno mai avuto niente a che fare. Nel merito della tratta, del progetto, delle persone in carico, non si è sentita una sola parola da parte dell'assessore D'Antini. Difatti, basta scorrere velocemente le rassegne stampa di questi 2 anni, per vedere come, l'assessore D'Antini, abbia per il primo anno del suo assessorato parlato del progetto "Libera" come dell'Associazione LIBERA contro le mafie di don Ciotti e per il secondo, quando si è trovata a parlare del progetto "Libera", ne ha parlato in modo didascalico e impreciso citando solo lo sfruttamento sessuale femminile. Non si capisce se non sa o non vuole dire che il suo assessorato si occupa di donne e uomini migranti vittime di tratta anche a scopo di grave sfruttamento lavorativo.
Difatto ha distrutto una realtà d'eccellenza. Tutto ciò avviene mentre si registra, a fianco della tratta a scopo di sfruttamento sessuale e a scopo di grave sfruttamento lavorativo femminile:
• una ripresa imponente del traffico di esseri umani attraverso la rotta turco-greca e albanese: migliaia di rintracci sul territorio salentino e tra questi numerose vittime di tratta. Si tratta di organizzazioni internazionali in grado di trafficare le persone fino alla loro destinazione finale in diversi Stati europei. Tutto ciò è dimostrato dalla recente operazione "Ropax" , si veda la stampa di giovedì 7 luglio, che ha portato a 40 provvedimenti restrittivi in 10 province italiane, compresa Lecce, a seguito di un'indagine in cui un ruolo centrale è stato svolto dalla DDA di Lecce e sulla cui importanza ha parlato il procuratore nazionale antimafia Grasso;
• l'esistenza di un mercato indegno di richieste lavorative false, legate al decreto flussi, il cui prezzo è incluso in quello che i migranti pagano ai trafficanti di uomini vendendo tutte le proprietà o indebitando le proprie famiglie per generazioni. Quando arrivano a Lecce per i migranti non c'è il lavoro che si aspettavano, rimane solo il debito da pagare. Dire che il Salento è anche terra di sfruttamento, è riconoscere una realtà che è sotto gli occhi di tutti. La vicenda Tecnova è la punta di un iceberg di un sommerso quotidiano di riduzione in schiavitù e servitù di tanti migranti resi vulnerabili dalla condizione di irregolarità.
Dimostra che la tratta può realizzarsi in modo massiccio, evidente, e che se non si riconosce che i migranti sono titolari di diritti e non servi e serve, schiavi e schiavi, che sono persone in viaggio verso una vita migliore, si va incontro ad un'inevitabile stagione di conflittualità sociale, ad un imbarbarimento dei rapporti umani, ad un impoverimento culturale. La recente indagine Ires ne dà una ulteriore conferma indicando Lecce tra le province più a rischio di conflittualità sociale in Italia, a causa di fattori quali la persistente crisi occupazionale e per un sistema d'impresa in cui la contrazione del costo del lavoro è l'unica risposta per migliorare la competitività ed in cui il peso del sommerso è sempre maggiore. Le connivenze con la criminalità organizzata e lìinadeguatezza dei controlli delle istituzioni, sono ulteriori fattori di rischio. Lo sfruttamento selvaggio cui sono stati sottoposti i lavoratori stranieri da parte della Tecnova ( cantieri di fotovoltaico ) o quello subito nelle campagne, ci dicono che nel nostro territorio occorre riconoscere priorità alla condizione delle persone, lavoratori,lavoratrici migranti. L'equilibrio malato che c'è nell'affrontare le problematiche dei migranti conviene a molti, alcuni interessi rimangono al riparo. Con questa consapevolezza che la Cgil vuole riposizionare la battaglia sui problemi dell'immigrazione, perché non ci troviano dinanzi ad un problema emergenziale, di solo ordine pubblico, ma ad una delle più grandi questioni strutturali che dovranno essere affrontate.
COSA CHIEDIAMO - il ritorno alla sede naturale di P.tta D'Enghien (gratuita ed in comodato d'uso fino al 2013), appositamente attrezzata, in collaborazione con il Servizio Politiche U.E., ed adeguato a garantire l'indispensabile privacy e sicurezza agli utenti ed agli operatori, l'immediata fruibilità, autonomia di spazi); - Il risparmio sulle spese di affitto (quanto del canone annuo di 65.000,00 sarà per il servizio Libera?) potrebbe essere utilizzato per far fronte alle esigenze dei lavoratori Tecnova denuncianti, che chiedono protezione speciale, affittando altra casa per gli ospiti;
- Il BANDO DELLA VERGOGNA: prevedere professionalità ed esperienze così come richiesto dai bandi ministeriali; - NO AL LICENZIAMENTO DELLE LAVORATRICI, ma invece riconoscere e valorizzare le esperienze maturate nell'Ente; - PROMUOVERE PROCESSI DI INTEGRAZIONE, assumendo anche i problemi dei cittadini immigrati ( Campagna L'ITALIA SONO ANCH'IO – Campagna cittadinanza – voto )