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Data: 13/05/2009 - Ora: 09:33
Categoria:
Cronaca
Tra gli arrestati alcuni funzionari ENEL della centrale a carbone di Brindisi.
Disastro ambientale e associazione a delinquere finalizzata all'attività organizzata di traffico illecito di rifiuti pericolosi. Questi i reati ambientali che hanno portato all'alba di oggi all'arresto di 10 persone nell'ambito di un'importante operazione del Corpo forestale dello Stato eseguita nelle province di Brindisi, Lecce e Reggio Calabria.
Gli arrestati, tra cui 4 portati in carcere e 6 agli arresti domiciliari, sono accusati di traffico illecito di rifiuti e associazione a delinquere.
Tra gli arrestati alcuni funzionari ENEL della centrale a carbone di Brindisi.
Notevole è il danno ambientale provocato dallo smaltimento illecito dei rifiuti pericolosi.
L'inquinamento provocato dal rilascio di composti solubili ha effetti dannosi sulla salute pubblica a causa delle sostanze contaminanti nel suolo, nel sottosuolo e nella falda idrica, oltre all'alterazione paesaggistica ed idrogeologica, con conseguenti rischi di dissesto in un'area sottoposta a vincoli rigorosi.
Le indagini iniziate nel 2005 e condotte dal nucleo investigativo provinciale della Polizia Ambientale e Forestale di Reggio Calabria, sono state coordinate dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria.
Alle indagini hanno collaborato anche i servizi segreti italiani, l'AISI (Agenzia Informazioni e Sicurezza Interna) l'ex SISDE, una collaborazione di rilievo visto che l'AISI ha fornito il suo importante e valido supporto al Corpo Forestale dello Stato.
La delicata attività investigativa, iniziata dopo la segnalazione dei cittadini, ha accertato l'esistenza di un'organizzazione malavitosa dedita al traffico illecito di rifiuti pericolosi prodotti in Puglia presso la centrale a carbone Enel "Federico II" di Brindisi, in località Cerano e smaltiti illecitamente nel Comune di Motta S. Giovanni (Reggio Calabria), in località Lazzaro. Tra l'altro il tratto di costa di fronte Lazzaro è un sito di importanza comunitaria denominato "Fondali da Punta Pezzo a capo dell'Armi".
I rifiuti tossici, provenienti dalla più grande centrale termoelettrica d'Italia a carbone e una delle più grandi d'Europa, venivano occultati in una cava di argilla adiacente un'industria di laterizi nella preziosa area sottoposta oltretutto a vincolo idrogeologico e paesaggistico.
Gli scarti, classificati come rifiuti pericolosi, venivano declassificati e trasformati, con certificati di analisi ad hoc, in rifiuti non pericolosi ed avviati, apparentemente, al recupero per la produzione dei laterizi.
L'enorme traffico illecito è stato scoperto grazie all'acquisizione di documenti, riprese video ed intercettazioni telefoniche.
Diversi anche i sopralluoghi realizzati dal Corpo Forestale presso le imprese produttrici dei rifiuti e presso il sito di ultima destinazione.
Migliaia sono le tonnellate di rifiuti smaltiti spacciandoli per rifiuti non pericolosi e occultandoli in un'area sottoposta a vincolo paesaggistico-ambientale a poca distanza dal mare, vicino a terreni agricoli, infatti sono circa 100mila le tonnellate di rifiuti smaltiti dal gruppo criminale nel 2006 e 2007 per un profitto di oltre 6milioni e 400mila euro l'anno.
Sono stati posti sotto sequestro dal Corpo Forestale anche la cava, l'industria di laterizi con automezzi e macchine per movimento terra e 15 autoarticolati utilizzati per i trasporti dalla centrale a carbone di Brindisi a Reggio Calabria, per un valore totale di circa 7 milioni di euro.
La centrale ENEL Federico II, da dove provenivano i rifiuti tossici, è una centrale termoelettrica a carbone e si trova presso la località Cerano nel territorio di Brindisi. Per estensione è la più grande centrale a carbone d'Italia, addirittura più grande della centrale a carbone di Civitavecchia, infatti ha un'estensione di circa 270 ettari ed è tra le centrali a carbone più grandi d'Europa.
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