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Data: 15/05/2012 - Ora: 10:30
Categoria:
Sport
Comune: Lecce
Hanno giocato e lo hanno fatto fino alla fine. Hanno giocato, non bene, sicuramente, ma la fatica di dover rincorrere senza mai rifiatare annebbia la mente e fiacca i muscoli. I giallorossi ci hanno provato, fino all'ultima giornata e solo quando non c'è stato più scampo hanno mollato la rincorsa.
Il Lecce è in serie B, non è riuscito il miracolo a Serse Cosmi, allenatore che in città ricorderemo a lungo per le sue doti di tenacia e coraggio e per il suo piglio da lottatore.
Peccato, ma non tutto è da buttare.
Di certo va buttato l'avvio del campionato, periodo nel quale il Lecce ha di fatto compromesso le prospettive di salvezza. Va buttato qualche fenomenologia di troppo di alcuni giovani calciatori che dovranno mangiare pane duro in un futuro prossimo e va buttato il clima autolesionista innescato da certi commentatori.
Ma del buono c'è stato. Non è mancato il bel gioco, a tratti spumeggiante, del girone di ritorno, alcune vittorie sonore e straripanti, goals spettacolari, e la voglia di tifare Lecce.
In fondo ci sono tanti modi di arrivare in B. Il Lecce è arrivato in B nel modo più sincero e forse più facile da digerire.
Perde la serie A in un anno difficile, un anno lontano dai tempi d'oro del calcio quando le squadre già salve concedevano quartiere a quelle ancora in lizza per qualcosa. Oggi quella galanteria o cavalleria anni '80 non ce l'ha più nessuno. Ed è un male. Non si infierisce mai su chi è sotto. Ci si dovrebbe battere solo ad armi pari e anzi si dovrebbe aiutare il rivale a rimettersi in piedi. La genuinità dello spettacolo, non deve mai prevalere sulla genuinità dei rapporti. Ma questo è un ragionamento che oggi non riesce a comprendere più nessuno.
Le piccole società hanno bisogno di grande fairplay che non è quello di restituire la palla per la rimessa laterale.
E' stato un lusso questa serie A per il Lecce, con mezza squadra prestata da attori protagonisti del calcio italiano, ma qualche successo il Lecce lo ha ottenuto lo stesso per meriti suoi.
Qualcosa che però non è bastato.
Tra le note positive ci sono senza dubbio l'allenatore, un professionista che ben conosce il valore (anche umano), il portiere Benassi, di gran lunga tra i migliori numeri uno della serie A e alla fine il pubblico che ha gradito e capito gli sforzi messi in campo da una squadra più debole di tante altre e certamente più fragile psicologicamente della media.
Il Lecce in alcune partite ha giocato da leone, se avesse fatto sempre il leone avrebbe potuto compiere imprese indicibili, ma spesso ha giocato da gattino.
Infine però voglio riportare una delle cause principali del finale di campionato deludente del Lecce. Ovvero la sosta di campionato decisa dopo la morte del giovane calciatore del Livorno Morosini. Il Lecce veniva da due vittorie consecutive e nel momento migliore del suo campionato i ritmi infernali che il calendario ha dovuto dettare in seguito al recupero della 33^ giornata hanno piegato la resistenza di una squadra che viveva di entusiasmi e disintegrato l'equilibrio di un team di pochi giocatori. 5 partite in due settimane le può sostenere il Milan che fa sedere in panchina calciatori geniali e che può sostituire un campione con un fuoriclasse, ma non può farlo il Lecce che ha stento sa come sostituire un infortunato per fare numero in campo.
A queste condizioni la serie A non è possibile. Resterà il mondo dorato per quei quattro club che giocano a cucirsi lo scudetto sulla maglia, e basta.
Onore a chi ci ha sperato comunque, e ci ha fatto sognare fino all'ultima giornata.
Autore: Marco Renna
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