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Rapporto Svimez 2018. Emigrazione record dal Sud.

Data: 02/08/2018 - Ora: 10:48
Categoria: Politica

sud

Patriciello, Ppe: "Serve un Piano Marshall"

I dati dello Svimez di ieri delineano un quadro preoccupante per il Sud. Una crescita al lumicino prevista per il 2019 e una situazione che preoccupa. Un territorio che si svuota dei suoi giovani e una popolazione sempre più vecchia. "Un territorio che perde i suoi giovani è un territorio che perde il futuro. E il Mezzogiorno ha bisogno di tutto, tranne che di perdere ulteriore terreno. Il drammatico calo demografico che nell’ultimo decennio ha colpito il Sud Italia, oltre a riflettere il profondo disagio che impoverisce il nostro tessuto sociale, testimonia che la questione meridionale è tutt’altro che risolta. Nel 2019, infatti, «si rischia un forte rallentamento dell'economia meridionale», con la a crescita del Pil che «sarà pari a +1,2% nel Centro-Nord e +0,7% al Sud».

La Svimez sottolinea in particolare che anche nel 2019 «il livello degli investimenti pubblici al Sud dovrebbe essere inferiore di circa 4,5 miliardi se raffrontato al picco più recente», datato 2010. Se invece nel 2019 fosse possibile recuperare per intero questo gap, si avrebbe una crescita aggiuntiva di quasi un punto percentuale rispetto a quella prevista.

Inoltre, negli ultimi 16 anni, «hanno lasciato il Mezzogiorno 1 milione e 883 mila residenti», la metà dei quali «giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni, quasi un quinto laureati, il 16% dei quali si è trasferito all'estero. Quasi 800 mila non sono tornati». E il numero di famiglie meridionali con tutti i componenti in cerca di occupazione è raddoppiato tra il 2010 e il 2018, passando da 362 mila a 600 mila, mentre al Centro-Nord sono 470 mila. La Svimez parla di «sacche di crescente emarginazione e degrado sociale, che scontano anche la debolezza dei servizi pubblici nelle aree periferiche». E definisce «preoccupante la crescita del fenomeno dei working poors, ovvero del lavoro a bassa retribuzione, dovuto a complessiva dequalificazione delle occupazioni e all'esplosione del part time involontario».

Inutile nascondersi dietro un dito". Commenta così Aldo Patriciello, europarlamentare e membro del Gruppo Ppe al Parlamento europeo, le anticipazioni del rapporto Svimez sull’economia e la società del Mezzogiorno 2018 presentate a Roma alla presenza del Ministro per il Sud Barbara Lezzi.
"Quasi due milioni di cittadini emigrati costituiscono un dato più che allarmante" – afferma Patriciello. "Fino a quando si continuerà a non affrontare seriamente il nodo della enorme sperequazione presente nella nostra penisola – spiega l’eurodeputato molisano - sarà difficile ritornare ai livelli di ricchezza pre-crisi e arrestare, di conseguenza, l’emigrazione dei nostri giovani. E non lo dico soltanto io, ma tutti i principali centri di ricerca e statistica nazionali ed europei: senza uno strutturale processo di crescita del Mezzogiorno è impensabile generare livelli di sostenibilità economica adeguati per l’intero Paese. A meno che non si voglia istituzionalizzare una volta e per sempre il divario tra nord e sud ed applicare un principio di darwinismo territoriale in base al quale solo le Regioni ricche saranno in grado di sopravvivere e reggere la sfida competitiva, mentre quelle a basso reddito resteranno perennemente indietro. Occorre dunque – afferma Patriciello - recuperare quella centralità politica smarrita negli ultimi anni e realizzare una base su cui costruire un discorso a lungo termine: serve un vero e proprio Piano Marshall per il Sud che sia il frutto di una strategia tra Unione Europea, Governo e istituzioni regionali. Abbiamo già ampiamente sperimentato l’inefficacia di interventi emergenziali o dettati da particolari circostanze del momento. C’è bisogno invece di invertire la rotta e di dare un segnale di forte discontinuità con il passato: un Mezzogiorno periferia economica del Paese non conviene a nessuno. I dati di questi ultimi giorni – conclude l’europarlamentare azzurro - non fanno altro che certificare una realtà ben nota a tutti ma che stranamente, fino ad oggi, fa fatica ad entrare nelle priorità dell’agenda politica del nostro Paese".

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