L'inserimento di un commissario in azienda è una misura cautelare sostitutiva all'interdizione di attività.
Sono trascorsi quasi nove anni dall'entrata in vigore della disciplina (decreto legislativo n.231/2001) che ha introdotto, anche nel nostro paese, in conformità con quanto già presente in ambito comunitario e nei sistemi anglosassoni extraeuropei, un sistema di responsabilità amministrativa delle società, vestito delle garanzie e dell'apparato coercitivo del diritto penale. Dopo che per secoli aveva dominato l'idea che solo la persona fisica e non la persona giuridica potesse commettere reati (societas delinquere non potest), il legislatore ha cambiato rotta per fronteggiare il diffondersi di gravi fenomeni patologici di criminalità d'impresa.
L'avvento di un capitalismo maturo, la globalizzazione e la crescita della dimensione delle imprese, con la possibile lesione di interessi individuali e collettivi, sono all'origine di speculari risposte normative su scala europea e mondiale, recepite nei vari ordinamenti che hanno introdotto la diretta responsabilità da reato delle persone giuridiche. In ambito italiano si è riconosciuto che gli enti e le società commerciali possono delinquere ed essere sanzionate se gli amministratori o i dipendenti hanno realizzato taluni tipi di reato, tassativamente nominati, e l'ente o la società ne hanno tratto un interesse o vantaggio, non avendo adottato idonei modelli di organizzazione e controllo, in grado di scongiurare la commissione di quegli illeciti.
I modelli di organizzazione, che si rifanno, in buona parte, ai Compliance programs del mondo anglosassone, sono diretti a sollecitare comportamenti e procedure aziendali corrette. Rappresentano il tentativo di ritornare verso un'etica dell'impresa. E il tema della relativa adozione è un argomento di singolare attualità nel mondo imprenditoriale se solo si riflette su come possa risultare gravoso il sistema sanzionatorio. Si pensi alla confisca del prezzo o del profitto del reato; alle sanzioni pecuniarie o alle sanzioni interdittive che, seppur temporanee, sono in grado di incidere, nelle circostanze più gravi, sulla stessa sopravvivenza della realtà aziendale. Anche l'eventualità del commissariamento della società, quando svolga un pubblico servizio, incute non poca paura.
L'inserimento di un commissario in azienda è una misura cautelare sostitutiva all'interdizione di attività. L'intervento del commissario è temporaneo (dai 3 mesi ai due anni) e limitato ai «compiti e poteri» attribuitigli dal giudice, «tenendo conto della specifica attività in cui è stato posto in essere l'illecito da parte dell'ente». La recente vicenda di Fastweb e Telecom Italia Sparkle, le due società coinvolte in un presunto caso di riciclaggio e frode fiscale, in cui la richiesta di commissariamento, inizialmente avanzata dalla Procura di Roma è poi venuta meno a seguito della temporanea autosospensione dell'amministratore delegato di Fastweb e di ulteriori garanzie rilasciate dalle due società, è emblematica del timore che suscitava quella prospettiva sui livelli occupazionali. Scongiurato il pericolo di quella misura cautelare, il titolo Fastweb ha registrato in borsa un forte rialzo. Più in generale, va detto che l'esonero da responsabilità, al vaglio del giudice penale, è legato sempre alla previa valutazione d'idoneità del modello organizzativo. Nelle applicazioni giurisprudenziali il problema sorge quando il reato sia stato commesso, cioè quando, di fatto, non sia stato raggiunto lo scopo del modello organizzativo. In questo contesto, merita di essere segnalata una recente ed innovativa sentenza, del 17 novembre 2009, del G.I.P. Manzi del Tribunale di Milano, che ha assolto una S.p.a. dalla responsabilità amministrativa prevista dal D.Lgs. 231/01 per aver adottato, già dal 2003, un modello organizzativo ritenuto idoneo a prevenire, nella fattispecie, il reato di aggiotaggio finanziario (consistente nella diffusione di notizie false e idonee a provocare una sensibile alterazione del valore delle azioni).
Il provvedimento, per un verso, ha rinviato a giudizio gli amministratori della società coinvolta, e per altro verso, ed è questa la novità, ha prosciolto la società per "assenza di colpevolezza", pur avendo ravvisato la configurazione del reato in questione. E ciò dopo che il giudice ha accertato: l'adozione e la corretta implementazione del modello organizzativo, strutturalmente ritenuto idoneo a prevenire l'illecito nella specie commesso; la presenza fattiva di un organismo di vigilanza effettivamente autonomo ed efficiente; l'elusione fraudolenta del modello da parte degli amministratori. La sentenza è storicamente importante. Essa, correttamente, affronta il tema dell'efficacia del modello di organizzazione adottato dalla società imputata, premettendo un giudizio positivo sul fatto di essersi adeguata nell'elaborazione del modello, con una tempestività pionieristica e quasi senza precedenti nel panorama delle aziende italiane del settore costruzioni, alle linee guida elaborate da Confindustria e di aver aderito al codice di autodisciplina suggerito da Borsa italiana. Le uniche fonti di orientamento autorevoli all'epoca esistenti.
Nella vicenda in esame si è giudicato valido il modello organizzativo e si è riconosciuto che la consumazione del reato di aggiotaggio è dipesa esclusivamente dall'elusione fraudolenta da parte degli amministratori delle regole imposte dal modello. Ma, ha sottolineato il provvedimento, la valutazione di idoneità presuppone la contestualizzazione del fatto, ossia, per dirla in poche parole, l'accertamento deve essere compiuto dal Giudice con riferimento al tempo dell'adozione ed attuazione del modello organizzativo. La finalità è chiara: evitare di incorrere in un'accettabile ipotesi di responsabilità oggettiva degli enti, quella secondo cui se il reato è stato commesso ne consegue automaticamente che il modello è inidoneo. In definitiva, ed è la prima volta che accade in Italia, viene smentito quell'orientamento esegetico che riteneva che mai la società potesse sfuggire alle proprie responsabilità tutte le volte in cui a commettere il reato fosse il suo vertice.
Autore: dott. Giorgio Mantovano