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Data: 07/05/2001 - Ora: 12:07
Categoria:
Politica
Precisamente nel salotto di un elettore di Alezio, un pugno di case nell'entroterra di Gallipoli: ma è la prima di una serie. E l'indizio più certo di come D'Alema venderà cara la pelle.
Quando arriva ad Alezio, il presidente della Quercia ha alle spalle ore impegnative. È stato a lungo al telefono, per capire meglio e anche per organizzare la controffesiva. A caldo, sabato sera, la sua prima preoccupazione è stata di mettere all'erta Francesco Rutelli: "E' del tutto evidente che se non vogliamo fare il gioco del Cavaliere - spiegava - a rispondere deve in primo luogo essere lui". Ma al telefono qualcuno gli decritta anche i ragionamenti berlusconiani, i perché della decisione del Cavaliere di scendere così pesantemente in campo nella partita di Gallipoli.
Non è stato un colpo di testa, una scivolata di frizione. No, è stato spiegato a D'Alema, Berlusconi è convinto di avere vinto e pensa al dopo: vuole di fronte una sinistra allo sbando e senza leader, nei primi sei delicatissimi mesi del suo governo, "quando ci sarà da tagliare, per mantenere le promesse".
È l'opzione dei falchi di Forza Italia che il Cavaliere ha fatto sua. Ma al solito ha pesato anche un elemento personale: "Da D'Alema - ha confidato ai suoi - mi sarei aspettato un atteggiamento diverso, di fronte all'attacco dell'Economist: avrà quel che si merita". Anche per questo insomma è partita la sfida, l'attacco che il leader diessino traduce in quattro parole: "Mi vogliono cacciare dal Parlamento". E che decide di rintuzzare nel modo più ovvio: mettendosi ventre a terra a cercare i voti che gli servono, spiegando a tutti che l'offesa a lui - ripete - "è in realtà un'offesa al Salento".
Così si mette in moto presto, la carovana dalemiana. Di buon mattino, al mercato della frutta di Taviano. E poi in un supermercato di Gallipoli. La gente gli parla di Berlusconi, ma lui svicola, scarta. Fino a che decide di andare a trovrare due vecchi compagni che vivono nei vicoli del centrostorico: e finisce per trovarsi in testa a un piccolo corteo, con la gente che chiama i vicini alla finestra, e ragazzi che cantano cori da stadio. Si rianima, sorride più convinto: "Erano anni che non prendevo parte ad un corteo non autorizzato".
Poi riparte. E ormai è ringalluzzito. Spiega che "sono nervosi perché gliele suoniamo". Sfotte il suo avversario: "Il bello è che a Mantovano non ha nemmeno dato la parola. Curioso, il mio competitor. Si fa accompagnare da Berlusconi, da Fini, da Sgarbi, da Storace: eppure è grandicello.". E si cala nei ragionamenti di molti indecisi: "Lo so, c'è chi dice "stavolta proviamo Berlusconi". E che cos'è - motteggia in quel di Tuglie - il superenalotto? Qui si decide il nostro futuro, mica un gioco di bussolotti".
I paesani sono tanti, c'è chi si avvicina, chi lo saluta con affetto: "Vedete - dice - uno si butta senza paracadute quando è sicuro di atterrare su braccia amiche. Ho potuto anche per questo rinunciare al proporzionale, perché se invece si finisce in un campo di carciofi sono guai. Certo mi dovete dare una mano.".
È un ritornello, quel "datemi una mano". "Mi consola molto sentire anche gente di destra che vive qui dire con uello magari si litiga, ma esiste. Ecco, io ho provato ad esserci sempre: poi, certo, non tutto è stato atto. Ma persino Berlusconi dice di aver bisogno di dieci anni: lui, capite, che è come Napoleone!".
L'ultimo incontro è con un gruppo di ragazzi di Alezio. La scorta ha fretta, c'è ancora un comizio a Lecce. Ma ormai l'uomo è lanciato: "Non penserà mica di metterci paura scendendo dal cielo, nemmeno fossimo in Apocalipse now. Ci vuole altro, per prendere Gallipoli. Vedrete.". Si salta in macchina, rotta su Lecce per un bagno di folla al cinema Politeama: bandiere rosse, entusiasmo, il pieno di solidarietà. E D'Alema si china sul vicino: "E se ci avesse fatto un favore, il Cavaliere?".
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