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Data: 24/01/2013 - Ora: 10:14
Categoria:
Cronaca
Nell’attesa di conoscere il verdetto di costituzionalità sulla legge 231 si prospetta l’eventuale intervento dello Stato.
Nella mattinata di ieri, il ministro dell’ambiente Corrado Clini si è recato a Taranto per assicurarsi che lo stabilimento Ilva si stia muovendo nella giusta direzione, quella che garantirebbe il rispetto di quanto previsto dall’Aia (autorizzazione integrata ambientale) e dalla legge 231 che disciplina tale questione.
Non si può certo dire, in tutta onestà, che l’azienda di proprietà della famiglia Riva si stia prodigando per risolvere quanto prima, e con il minor numero possibile di problemi, la disputa che tiene banco da più di sei mesi ormai.
Le eccessive pretese dei proprietari dell’Ilva, come quella di dissequestrare i semilavorati giacenti sulle banchine del porto per poterli vendere, non prevedono una giusta contropartita che possa portare a considerare il dissequestro come un male necessario per il raggiungimento di un fine più alto. La proposta per provare a sciogliere questo complicato nodo, all’interno di una vicenda già di per sé molto contorta, è quella avanzata nei giorni scorsi dal presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, che suggerisce di vincolare per legge i soldi provenienti dall’eventuale vendita dei prodotti semilavorati all’attuazione dell’Aia e, naturalmente, al pagamento degli stipendi dei tanti dipendenti che, oltre al disagio dell’incertezza, vivono la paura di non vedersi accreditare il denaro frutto del loro lavoro.
Se lo Stato vuole avere un ruolo importante nella risoluzione della vicenda Ilva, non dovrebbe limitarsi ad emanare leggi, e al massimo assicurarsi che vengano rispettate, ma entrare realmente nelle viscere del problema e provare a trainare questo gigante fuori dal pantano nel quale annaspa da troppo tempo ormai. Una nazionalizzazione dello stabilimento viene invocato da più voci, ed esperti di economia e bilanci dello Stato garantiscono che, pur essendo quello attuale un periodo non particolarmente florido, i fondi per tentare questa operazione sarebbero disponibili.
Un ruolo centrale dello Stato sembra, dunque, essere la vera soluzione da considerare, in particolar modo se la legge 231 dovesse, in effetti, essere considerata incostituzionale.
L’eventuale nazionalizzazione sarebbe inoltre giustificabile sulla base della grande risonanza che la questione Ilva comporta, non solo per la città di Taranto ma per i numerosi stabilimenti operanti nel siderurgico e sparsi su tutto il territorio nazionale che, dipendenti dai materiali provenienti dall’Ilva, con la sua chiusura cesserebbero di esistere anch’essi.
Autore: Federica Bicchierri
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