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Data: 21/11/2012 - Ora: 14:04
Categoria:
Cronaca
I periti di parte hanno consegnato in pretura una controperizia che smentisce i dati e le accuse sostenuti dal gip Todisco
Di settimana in settimana, di giorno in giorno, nuovi elementi si aggiungono al complicato puzzle del caso Ilva. Gli schieramenti sono ben chiari: da un lato il pugno fermo della magistratura tarantina che lotta per attuare il sequestro dell’area a caldo decretato il 25 Luglio scorso, dall’altro il ministro dell’ambiente Clini e i vertici dell’Ilva che premono per una soluzione meno drastica della questione.
L’operato del ministro Clini si è limitato alla concessione dell’Aia circa un mese fa, e da allora ancora nulla è stato fatto concretamente per garantire l’esecuzione, da parte dell’acciaieria, delle norme previste dall’autorizzazione integrata ambientale.
I portavoce dell’Ilva affermano l’impossibilità di attuare l’Aia se gli impianti dell’area a caldo resteranno sequestrati ed per questo che ieri è stata consegnata in procura una controperizia che smentisce i dati da cui sono partite le accuse mosse dalla magistratura guidata dal gip Todisco.
Secondo i periti da lei nominati infatti, l'inquinamento del siderurgico, negli anni considerati, ha provocato diversi eventi di malattia e di morte. La controperizia dell’Ilva, invece, presenta cifre molto diverse e lontane da quelle sulle quali è stata costruita l’ordinanza di sequestro, che parlano di un’emergenza che non c’è considerando che i livelli di pm10 (particolato medio) registrati a Taranto variano da 22,9 a 34,9 microgrammi/m3 nel periodo 2004-2010 e sono peraltro considerevolmente inferiori ai livelli medi annui di 45-55 microgrammi/m3 registrati oggi in altre aree urbane del nord Italia, come Firenze, Roma, Milano.
Il ministro Clini ha dimostrato di appoggiare questa iniziativa dell’Ilva, già anticipata dal presidente Ferrante qualche giorno fa, che mira ad ottenere il dissequestro dell’area a caldo per poter, a suo dire, operare concretamente nel rispetto delle leggi e delle normative previste dalla nuova Aia.
Al quadro si aggiunge anche il lamento del sindaco di Taranto Stefano, che pretende che l’interesse del governo rimanga forte su tale questione, non considerandosi fuori dai giochi semplicemente per aver messo a disposizione una somma di denaro da destinare alle bonifiche.
Risolvere la questione Ilva richiede tempo e impegno, poiché, afferma Stefano, "non saremmo in grado di trovare in sei mesi o un anno ventimila posti di lavoro".
Inoltre dal pomeriggio di ieri, sono iniziate le ferie forzate per circa 500 operai per il momento in forza ai reparti produzione lamiere e rivestimenti tubi. Tra domani e dopodomani la fermata toccherà ai tubifici.
Il braccio di ferro dunque continua sulla pelle degli operai che, si vedono costretti a ferie forzate e cassa integrazione nell’attesa che i "potenti" decidano come sistemarli, quasi fossero pedine di un immaginaria dama.
Autore: Federica Bicchierri
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