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Data: 07/11/2012 - Ora: 14:46
Categoria:
Cronaca
La complicata questione che tiene la città con il fiato sospeso da mesi non accenna ad essere risolta in tempi brevi
Ancora lontana da conclusioni chiare e definitive la questione Ilva fa notizia anche questa settimana offrendo importanti spunti di riflessione.
Dopo la morte del giovane Claudio Marsella, avvenuta la scorsa settimana, alcuni operai del Mof (reparto movimento ferroviario) sono entrati in sciopero sostenuti dall’Usb, ( unione sindacati di base) che nel caos generale che pare contraddistinguere l’intera vicenda, rivendica più sicurezza, migliori condizioni per i lavoratori e soprattutto invoca una soluzione definitiva al problema che agita gli animi dei tarantini ormai da mesi, senza costringere i lavoratori a scegliere tra lavoro e salute.
Si resta ancora in attesa di notizie certe da parte della magistratura, che esamina dalla scorsa settima le possibili soluzioni proposte dall’Aia, considerando che persistono alcuni chiari punti di discordia, ad esempio relativamente all’altoforno 5 che, per la magistratura, andrebbe necessariamente spento poiché più pericoloso di altri, ( già si discute infatti relativamente alla possibilità di affidare tale operazione alla Wurth, impresa che collabora con l’Ilva, o a ditte esterne, pagate al momento dallo Stato, che sarebbe poi in seguito risarcito da Riva).
I vertici dello stabilimento, da parte loro, non si scoprono sui possibili futuri sviluppi della vicenda: abbandonare Taranto, stanziare tutto il denaro richiesto dall’Aia o provvedere solo a parte alla spesa necessaria per mettere a norma gli impianti? Pare che lunedì pomeriggio il presidente dell’Ilva Bruno Ferrante abbia inviato una lettera al ministro dell’ambiente dichiarando che lo stabilimento "non è in grado di aderire alle prescrizioni contenute nella nuova Autorizzazione integrata ambientale". Ma si attendono conferme su questa indiscrezione.
Quesiti e dubbi a cui si potrebbe provare a dare risposta, ed invece, ci si limita ad allarmare ancora di più gli animi dei lavoratori già provati da mesi di notizie shock, smentite, false promesse, ripiegamenti vari e minacce di licenziamento. È di ieri infatti l’annuncio relativo alla volontà dello stabilimento di richiedere la cassa integrazione per oltre 2.000 operai, che pare, dovrebbe essere avviata dal prossimo 19 Novembre, pur tuttavia non essendo ancora chiare le modalità di attuazione. La comunicazione è arrivata ieri durante un’incontro tra i dirigenti dell’Ilva e i sindacati di categoria (Fim. Fiom, Uilm).
Nemmeno la politica, dal suo canto, pare muoversi con decisione e tempestività per risolvere una questione, si molto complessa, ma in bilico ormai da troppi mesi. Mentre il ministro dell’ambiente Clini pare esserci messo la coscienza a posto con il rilascio dell’Aia nelle scorse settimane c’è chi, come la deputata del pdl Stefania Prestigiacomo, si preoccupa di rilasciare dichiarazioni che scongiurano la chiusura dell’Ilva che imporrebbe al nostro Paese di acquistare acciaio dalla Germania, piuttosto che preoccuparsi degli appelli lanciati dai pediatri facenti parte dell’ AIEOP (associazione italiana ematologia oncologia pediatrica) che ritiene indispensabile realizzare indagini con modalità appropriate sull’incidenza dei tumori in età pediatrica e adolescenziale, soprattutto nei 44 siti già oggetto del progetto "Sentieri" tra cui spicca la città di Taranto.
Si continua dunque a temporeggiare, non dando ascolto alla voce di coloro che avrebbero l’esclusivo diritto di parola, cioè cittadini e lavoratori dello stabilimento, mettendo altre carte sul tavolo e rendendo la situazione ancora più complessa, come un nodo che, se ci si accanisce per scioglierlo con foga e nervosismo, si rinforza ancora di più.
Foto da: www.ansa.it
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