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Caso ILVA: Nessuna certezza, si attendono risposte dalla Magistratura

Data: 31/10/2012 - Ora: 11:23
Categoria: Cronaca

ilva

Mentre si discute sulla validità dell'aia nello stabilimento c'è chi perde la vita.

La situazione a Taranto è ancora indefinita: l’AIA approvata la settimana scorsa dal ministro dell’ambiente Corrado Clini è oggetto del vaglio della magistratura tarantina.
Da un lato il governo, che ritiene che l’AIA (autorizzazione integrata ambientale) possa rappresentare una soluzione concreta e fattibile per risolvere, almeno in parte, le problematiche che attanagliano lo stabilimento Ilva e l’intera città di Taranto, dall’altra i vertici dell’acciaieria, che pare siano disposti a collaborare ponendo però, come "presupposto imprescindibile", che la produzione possa riprendere al ritmo consueto, attuando il dissequestro dell’area a caldo previsto dalla magistratura con l’ordinanza dello scorso 26 Luglio. Quest’ultimo punto difficilmente sarà accettato dal giudice Todisco che sta esaminando la proposta del governo e di fatto, per adesso la situazione è in fase di stallo.
Identica la condizione in cui versa le "legge sulle bonifiche" che, approvata in tempi record in virtù dell’urgenza e della gravità della situazione, è ancora inattuabile poiché non è stato nominato il commissario che dovrà occuparsi di controllare e gestire i vari interventi previsti. Dopo i nomi di Vendola e del sindaco di Taranto Stefano circolati nelle scorse settimane, di fatto non si ha, allo stato attuale nessuna certezza.
Intanto, all’interno dello stabilimento, tra gli operai già provati dallo stress derivante da mesi di incertezze sul proprio destino lavorativo, la situazione resta critica. Oltre ai tanti lavoratori che si avvelenano lentamente il sangue, respirando giorno dopo giorno, ora dopo ora, sostanze tossiche e nocive per l’organismo, e spesso causa di patologie tumorali che si svilupperanno nel tempo, (come dimostrato dallo studio epidemiologico "Sentieri" pubblicato qualche settimana fa), c’è chi muore in un istante, schiacciato da un locomotore in una fredda mattina di fine Ottobre. Claudio Marsella, 29 anni, è solo l’ultimo di una lunga serie di morti bianche che in questi anni hanno insanguinato lo stabilimento tarantino, dove, non solo vengono somministrate quotidianamente quantità di veleni che lentamente si sedimentano nell’organismo provocando malattie e morte, ma spesso la morte arriva all’improvviso, in situazioni di scarsa sicurezza e mancata tutela degli operai.
Dunque, ancora una volta, mentre si attende che ai piani alti si trovi una soluzione, anche se pare a tutti che si giochi, in verità, a chi tira di più la corda, le gente muore, e un’altra famiglia piange un giovane che si recava ogni giorno in quell’inferno di lamiere e fumi solo per poter vivere onestamente e pagare le tasse ad uno Stato che, ora che è deceduto, si limita a frasi di circostanza e prevedibili espressioni di cordoglio e solidarietà nei confronti dei suoi cari.
In verità, in questa occasione più che in altre, si potrebbe fare qualcosa di concreto per rendere onore a Claudio, e far si che la sua morte non sia solo un’altra croce nella lista di coloro che per godere di un diritto costituzionalmente garantito, quello al lavoro, hanno perso la vita.
Sarebbe questa l’occasione giusta per i politici di fare appello alla propria coscienza e al proprio senso di responsabilità, quella che hanno nei confronti della gente di Taranto, che pagando le tasse garantisce loro lo stipendio alla fine del mese; responsabilità che non hanno mai assunto fino in fondo, trasformando Taranto nel parco giochi d’Italia dove tutti potevano condurre i loro loschi affari liberamente, e dove i cittadini hanno pagato per decenni il prezzo di questa irresponsabile corruzione sulla propria pelle.
Sarebbe questa l’occasione giusta per provare davvero a cambiare le cose per questa città, perché nessun’altro operaio debba più morire, in alcun modo, semplicemente perché abitante di Taranto e dipendente dell’Ilva.

Foto da: blogitalia.peeplo.com

Autore: Federica Bicchierri

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