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Data: 12/09/2001 - Ora: 10:45
Categoria:
Politica
Circa l'80 per cento dei velivoli si troverebbe in questo momento in Sardegna, dove i top gun dell'Aeronautica militare starebbero effettuando delle esercitazioni. Ma tutti sono stati allertati. «Ho appena parlato con il colonnello Giancotti, comandante del 36esimo Stormo – ha detto ieri pomeriggio il sindaco di Gioia, Sergio Povia – il quale mi ha avvertito che la base è in stato l'allarme. E che, però, non è ancora scattato il massimo grado d'allarme. Peraltro non abbiamo ancora avuto alcuna comunicazione dalla Prefettura, com'è accaduto in passato per precedenti situazioni d'emergenza».
«Com'è accaduto in passato». Sì, perché Gioia del Colle vive ormai accovacciata accanto alla base militare, in una sorta di osmosi perfetta. I militari, americani, inglesi, vivono a Gioia e qui trovano la propria casa. I militari italiani a Gioia mettono su famiglia. Gli stessi impiegati civili dell'aeroporto sono gioiesi. Ed ogni volta che scatta la crisi – durante gli anni della guerra fredda, come per la guerra del Golfo, così per la Bosnia, fino al Kosovo, e ancora ora – Gioia sussulta, per la paura che anche uno solo dei «suoi» uomini possa correre rischi. Ed anche ieri Gioia è stata colpita, forse con ancora maggiore forza, da uno sgomento generale. In piazza Plebiscito, davanti al bar, davanti all'edicola, davanti alla stazione del Carabinieri, gli uomini si sono incontrati come ogni sera. Ieri sera per parlare, per sapere se anche la base di Gioia sarebbe stata coinvolta nell'enorme caos.
«Ho sentito per telefono il comandante dell'aeroporto – ha detto il sindaco Povia a ‘Repubblica' – questa città, nella quale è insediata una delle basi militari più importanti dello scacchiere occidentale di difesa, naturalmente vuole sapere. Informalmente io e il colonnello Giancotti conveniamo su una posizione, che ovviamente non è ufficiale perché lasciamo che sia il Comando di Stato Maggiore e il ministero della Difesa ad esprimere le posizioni ufficiali su questa vicenda. Riteniamo che per il momento Gioia non debba correre nessun tipo di rischio, perché i terroristi hanno già raggiunto i loro obiettivi con l'abbattimento dei centri nevralgici dell'economia e della difesa degli Stati Uniti».
Ma quel che più si teme, anche qui a Gioia, dove ieri pomeriggio uno sferzante vento di tramontana non ha dissuaso i gioiesi dal restare per le strade anche fino a tardi per scambiarsi l'ultima notizia sui terribili fatti accaduti, è piuttosto che la base di Gioia del Colle diventi uno dei punti focali della risposta all'offensiva terrorista scattata ieri. «La risposta sarà impostata dagli Stati Uniti e dalla Comunità internazionale – dice Povia – che reagirà ovviamente con sdegno a questi atti. È fin troppo scioccante quel che sta accadendo. Non so se si tratterà effettivamente una risposta militare. Al momento comunque, considerando che gli attentati non sono stati rivendicati non sappiamo se effettivamente Gioia del Colle potrebbe essere una base effettivamente utile, dato che non si conosce l'origine e quindi l'obiettivo dell'eventuale risposta».
In ogni caso, si faranno in questi giorni ancora più assidui i contatti fra il Comune di Gioia e il comando dell'aerobase. «Onestamente io non posso dire che si possa stare tutti tranquilli e dormire placidamente – ha detto Sergio Povia – Il mio dovere dovrebbe essere quello di tranquillizzare. Credo di poter dire con molto senso di responsabilità che qui a Gioia del Colle non andremo incontro a grossi rischi. Però è innegabile che oggi il mondo è certamente più brutto di qualche ora fa. Nemmeno gli Stati Uniti pensavano che aerei partiti dai propri aeroporti sarebbero andati a distruggersi su obiettivi strategici come il Pentagono e il cuore di New York. Ma per il momento non è guerra conclamata».
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