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Maternità in Italia: Save the Children, il Paese a rischio futuro

Data: 10/05/2023 - Ora: 09:23
Categoria: Politica

maternità

Puglia al 17^ posto e tra le ultime posizioni nell’Indice delle Madri

Maternità in Italia: Save the Children, il Paese a rischio futuro. 1 famiglia su 4 con figli a rischio povertà, il numero di neonati e neomamme in picchiata. Puglia al 17^ posto e tra le ultime posizioni nell’Indice delle Madri sulle regioni più o meno amiche delle mamme e al 15^ posto nella dimensione Salute

Per l’8^ anno consecutivo, l’Organizzazione diffonde il rapporto "Le Equilibriste - La maternità in Italia 2023". La persistenza del divario di genere nel lavoro e nella cura familiare, il vissuto difficile delle mamme tra parto e conciliazione dei carichi emerso in una nuova indagine IPSOS per Save the Children, e il divario tra le regioni più o meno amiche delle mamme, con quelle del sud in fondo alla classifica elaborata in esclusiva dall’ISTAT, tra i contenuti principali del rapporto 2023

Open day a partire dalle ore 10 il prossimo 13 maggio 2023 al polo educativo 0-6 anni presso l’IC Don Milani del quartiere San Paolo di Bari, un vero e proprio hub di servizi per le bambine e i bambini da 0 a 36 mesi e attività ludiche, culturali e sportive per i più grandi fino a 6 anni. Il nuovo centro, nato nel 2023 e promosso da Save the Children, è stato realizzato grazie al sostegno dell'Agenzia di Coesione Territoriale e del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione e in collaborazione con il Comune di Bari, l’Istituto Comprensivo "Don Lorenzo Milani", la cooperativa sociale Occupazione e solidarietà, l’associazione Mama Happy e l’Associazione Culturale Pediatri.

Il video con le testimonianze delle madri "equilibriste": https://vimeo.com/823732307/4282598934

Il 2022 ha sancito il minimo storico delle nascite in Italia, -1,9% per 392.598 registrazioni all’anagrafe. Una contrazione della natalità che accompagna l’Italia da decenni e che ormai coinvolge anche la componente straniera della popolazione. Le donne hanno meno figli o non ne hanno affatto: i primi figli nati nel 2021 sono il 34,5% in meno di quelli che nascevano nel 2008, con una contrazione anche del numero di figli nati da entrambi i genitori stranieri, che si è fermato a quota 56.926 nel 2021 (era 79.894 nel 2012)[1]. Nel nostro Paese la coorte di donne in età fertile è diminuita nei decenni e si diventa madri sempre più tardi: l’età media al parto è di circa 32 anni, una delle più alte in Europa, e già nel 2019 l’8,9% dei primi parti riguardava madri ultraquarantenni. Il 12,1% delle famiglie con minori in Italia (762mila famiglie) sono in condizione di povertà assoluta[2], e una coppia con figli su 4 è a rischio povertà[3], in uno scenario generale nel quale il numero di nuovi nati e di neomamme sono in picchiata, ma non c’è da stupirsi.

Se il rinvio della maternità e la bassa fecondità sono frutto di numerose concause, c’è una relazione diretta e positiva tra partecipazione femminile al mercato del lavoro e fecondità. Il mercato del lavoro sconta ancora un gap di genere fortissimo. Nel 2022, pur segnando una leggera decrescita, il divario lavorativo tra uomini e donne si è attestato al 17,5%, ma è ben più ampio in presenza di bambini: nella fascia di età 25-54 anni se c’è un figlio minore, il tasso di occupazione[4] per le mamme si ferma al 63%, contro il 90,4% di quello dei papà, e con due figli minori scende fino al 56,1%, mentre i padri che lavorano sono ancora di più (90,8%), con un divario che sale a 34 punti percentuali. Pesano anche, e molto, differenze geografiche e titolo di studio. Nel Mezzogiorno l’occupazione delle donne con figli si arena al 39,7% (46,4% se i figli non ci sono), contro il 71,5% del Nord (78,9% senza figli), e in Italia le madri laureate lavorano nell’83,2% dei casi, ma le lavoratrici sono molte meno tra chi ha il diploma della scuola superiore (60,8%) e precipitano al 37,4% se c’è solo la licenza media. Il gap lavorativo per le donne legato a genere e genitorialità è purtroppo ancora molto marcato nel nostro Paese, ancor più se si considerano le famiglie monogenitoriali (2,9 milioni nel 2021, il 17% del totale dei nuclei; nell’80% dei casi composte da madri single[5]).

Questi alcuni tra i principali dati contenuti nell’8^ edizione del rapporto "Le Equilibriste" di Save the Children - l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro -, diffuso oggi in prossimità della Festa della Mamma, che traccia un bilancio aggiornato delle molte sfide che le donne in Italia devono affrontare quando diventano mamme. Come ogni anno, lo studio include anche l’Indice delle Madri, elaborato dall’ISTAT per Save the Children, una classifica delle Regioni italiane stilata in base alle condizioni più o meno favorevoli per le mamme.

L’Indice delle Madri, la Puglia rispetto alle altre regioni

Quest’anno l’Indice delle madri per regione si arricchisce ed è il risultato di una analisi basata su 7 dimensioni: demografia, lavoro, servizi, salute, rappresentanza, violenza, soddisfazione soggettiva, per un totale di 14 indicatori da diverse fonti del sistema statistico nazionale. L’indice è il frutto della collaborazione con l’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) che ha consentito di sintetizzare indicatori elementari, al livello territoriale regionale, utilizzando la metodologia già applicata per la misurazione del Benessere Equo e Sostenibile (BES) dell’Istat e da numerose organizzazioni internazionali[6]. Il valore del Mother’s Index, pari a 100, rappresenta il termine di riferimento rispetto al quale cogliere una condizione socioeconomica più favorevole per le donne, in caso di valori superiori ad esso, o al contrario condizioni meno vantaggiose, quando il valore si attesti su livelli inferiori a 100.

La Puglia (90,6) si posiziona al 17^ posto dell’Indice generale di questa particolarissima classifica delle regioni più o meno "amiche delle mamme", con quasi 30 punti di distacco dalla Provincia Autonoma di Bolzano (118,8) che si colloca al primo posto, seguita da Emilia-Romagna (112,1) e Valle d’Aosta (110,3)[7]. A seguire, Toscana (108,7), Provincia Autonoma di Trento (105,9), Umbria (104,4) e Friuli-Venezia Giulia (104,2). Fanalino di coda dell’Index generale le regioni Basilicata (84,3), Campania (87,7), Sicilia (88,7), Calabria (90) e la stessa Puglia, che scontano una strutturale carenza di servizi e lavoro nei propri territori, a testimonianza di un investimento strategico da realizzare proprio in queste regioni.

La dimensione della Demografia

Per quanto riguarda l’area della Demografia[8], la Puglia (101,7) si colloca al12^ posto ex aequo con il Piemonte[9], lontana dalle regioni più virtuose che sono la Provincia Autonoma di Bolzano (138,5), nettamente sopra al valore di riferimento fissato a 100 e quella di Trento (114,5), seguite da Sicilia (112,8), Campania (111,1) e Calabria (106,8). Al contrario, Sardegna (78,5), Basilicata, Molise (entrambe 90,5) e Umbria (94), registrano tassi molto al di sotto del valore nazionale, occupando gli ultimi posti dell’Indice.

La dimensione del Lavoro

La posizione della regione pugliese (86,3) nella dimensione del Lavoro è nella zona più bassa dell’indice, al 17^ posto, appena al di sopra delle regioni che mostrano i dati meno incoraggianti sull’occupazione delle mamme, come Sicilia (81), Basilicata (82,2) Calabria (82,4) e Campania (83,2). L’Emilia-Romagna (109,1), il Piemonte (108,9), la Valle d’Aosta (107,9) e la Lombardia (106,2), occupano invece i primi posti della classifica specifica del lavoro[10], come regioni nelle quali per le madri è più facile trovare un impiego, non subire riduzioni di orario non volontarie o tenere un lavoro dopo la nascita di un figlio.

La dimensione della Rappresentanza

Anche in questa dimensione[11], relativa alla percentuale di donne in organi politici a livello locale per regione, la Puglia (84,5) si segnala nelle ultime posizioni, in 18^ posizione, seguita da Sardegna (83,7), Valle d’Aosta (80,3) e Basilicata (68,4), fanalino di coda quest’ultima che fa segnare più di 30 punti di scostamento in negativo sulla rappresentanza femminile in politica rispetto al valore di riferimento (100). Sono l’Umbria (128,4), il Veneto (123,4), la Toscana (122,8) e l’Emilia-Romagna (117,4) ad occupare, al contrario, le prime posizioni.

La dimensione della Salute

La Puglia (97,5) si colloca al 15^ posto nell’area Salute[12], che riguarda mortalità infantile nel primo anno di vita e consultori attivi per abitante, ben lontana dalle regioni che spiccano in positivo e che sono Valle d’Aosta (140,9), con ben 40 punti in più del valore di riferimento nazionale, Provincia Autonoma di Bolzano (117,6), Emilia-Romagna (110,4) e Toscana (110,2), mentre Calabria (88,6) e Campania (91,4) si posizionano agli ultimi posti con valori al di ben sotto di quello di riferimento, precedute a breve distanza da Molise (95,3), Sicilia (95,8) e Lazio (96,5).

La dimensione dei Servizi

In questa dimensione[13], la Puglia (82) si colloca al 18^ posto, tra le regioni dove l’offerta di servizi è discontinua o assente e si collocano in coda alla classifica, come la Sicilia (75,8), ultima della lista preceduta da Campania (78,3) e Calabria (80,4). Questa classifica è guidata dalle province autonome di Trento (131,3) e di Bolzano (126,3), rispettivamente al primo e secondo posto, che sono le regioni più virtuose per i servizi offerti alle mamme e ai loro bambini (asili nido, mense scolastiche, tempo pieno), seguite da Valle d’Aosta (122,2), Emilia-Romagna (119,3) e Toscana (118,9).

La dimensione della Soddisfazione soggettiva

Come in altre dimensioni, anche nella area della Soddisfazione Soggettiva[14], la Puglia (95,8) si colloca verso il fondo della graduatoria, al 17^ posto, e a raggiungere i livelli più alti del valore di riferimento nazionale (100) sono nuovamente le Province Autonome di Bolzano (132,4) e Trento (125,7), seguite da Umbria (116,7), Piemonte (111,7), Valle d’Aosta (109,7) e Molise (104,4). Le regioni, invece, dove le mamme sono decisamente meno soddisfatte sono Calabria (82,1) e Sicilia (82,4) precedute da Campania (85) e Basilicata (85,1).

La Dimensione della Violenza

Nell’area Violenza[15] di genere, che riguarda la presenza di centri antiviolenza e case rifugio, la regione Puglia (90,1) si colloca al 17^ posto, mentre nelle ultime posizioni troviamo Basilicata (71,7) e Provincia Autonoma di Trento (84,2), precedute a stretto giro da Campania (84,8), Sicilia (85,4), Puglia (90,1). Le regioni più virtuose sono invece Friuli-Venezia Giulia (131,7) e Provincia Autonoma di Bolzano (130,3) con uno stacco di più di 30 punti sul valore di riferimento nazionale, seguite da Molise (127,2), Valle d’Aosta (125,2), Emilia-Romagna (121) e Abruzzo (120,5).

Il gap di genere sul tempo di cura

In Italia, le donne dedicano 5 ore e 5 minuti al giorno al lavoro non retribuito di cura domestica e della famiglia, contro un’ora e 48 minuti degli uomini. Il 74% di questo carico grava quindi su di loro[16], e anche quando contribuiscono al reddito e al lavoro tanto quanto gli uomini, dedicano alla cura 2,8 ore in più di loro, che salgono a 4,2 quando ci sono i figli. Ma, come sottolinea il rapporto Le Equilibriste, in un approfondimento dedicato ai papà, tra le pieghe del ménage familiare si intravede un trend finalmente positivo. Anche se la maternità interferisce direttamente con l’accesso al mercato del lavoro delle donne, mentre la paternità spinge i padri a lavorare ancora di più, questi ultimi manifestano una crescente esigenza di conciliazione tra lavoro e famiglia. Lo dimostra il numero maggiore dei padri che usufruiscono del congedo di paternità introdotto nel 2012, che dal 2013 sono quadruplicati raggiungendo quota 155.845 nel 2021, contro i 50.500 del 2013, per un tasso di utilizzo che è passato dal 19,23% al 57,6%[17]. Recentemente, anche se si tratta di numeri per ora minimi, va notato che tra le convalide di dimissioni dal lavoro per motivi di conciliazione con la cura familiare il numero dei padri è passato dai 743 del 2020 a 1.158 del 2021.

"Sappiamo che dove le donne lavorano di più nascono anche più bambini[18], con un legame tra maggiore fecondità e posizione lavorativa stabile di entrambi i partner[19]. Tuttavia, la condizione lavorativa delle donne, e in particolare delle madri, nel nostro Paese è ancora ampiamente caratterizzata da instabilità e precarietà, a cui si aggiungono la carenza strutturale di servizi per l’infanzia, a partire dalla rete di asili nido sul territorio, e la mancanza di politiche per la promozione dell’equità nel carico di cura familiare. I provvedimenti approvati negli ultimi anni, pur andando nella giusta direzione, non sono che timidi passi sul fronte del sostegno alla genitorialità. Non possiamo permetterci di perdere l’occasione del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza per costruire finalmente una rete capillare di servizi per la prima infanzia ed è altrettanto necessario andare con più forza verso un congedo di paternità paritario rispetto a quello delle madri. L’Italia è un paese a rischio futuro, e se è vero che il trend di denatalità non può essere invertito velocemente, è ancor più vero che è quanto mai urgente invertire il trend delle politiche a sostegno della genitorialità per non perdere altro tempo prezioso." ha dichiarato Antonella Inverno, Responsabile Politiche Infanzia e Adolescenza di Save the Children Italia.

Se, come dimostrano i dati, il tema del gap lavorativo è cruciale nella vita delle "mamme equilibriste", anche l’esperienza della maternità in sé mostra tutti i limiti di un Paese, come il nostro, che fatica ad evolversi verso un modello paritario a tutti gli effetti, intorno e dentro alla famiglia. In una indagine realizzata da Ipsos per Save the Children[20] e contenuta nel rapporto "Le Equilibriste", le mamme di bambine e bambini tra 0 e 2 anni in Italia testimoniano infatti un chiaro vissuto di solitudine e fatica, dall’evento del parto alla ricerca di un nuovo equilibrio nella vita familiare e lavorativa.

La ricerca IPSOS sul vissuto delle mamme in Italia

Dal sondaggio realizzato tra le mamme di bambine e bambini tra 0 e 2 anni, emerge che, in ospedale, se la qualità dell’assistenza sanitaria è considerata buona dall’81% delle intervistate, 1 donna su 2 non si è sentita accudita sul piano emotivo e psicologico, e al ritorno a casa in molte non si sono sentite supportate dai servizi pubblici come l’assistenza domiciliare (58%) e i consultori familiari (53%).

Le madri intervistate che hanno vissuto l’esperienza del parto hanno riportato di aver provato sia sensazioni positive che negative durante il post-partum nell’88% dei casi (47% in egual misura, 30% soprattutto positive, 11% soprattutto negative). La gioia provata per l’arrivo di un figlio (il 77% delle intervistate che hanno provato sensazioni positive la cita come sensazione prevalente), insieme al senso di completezza (43%), serenità (40%) e appagamento (39%), si intrecciano con emozioni negative come la stanchezza (80% delle intervistate che hanno provato sensazioni negative), l’insicurezza (53%), la paura (51%), il senso di inadeguatezza (44%) e la solitudine (38%).

Nella quotidianità, sono infatti le madri a dedicare gran parte del loro tempo alla cura del figlio/a, 16 ore contro le 7 del partner. Il 40% delle mamme intervistate fatica a ritagliarsi del tempo per sé. Il 40% delle donne riporta anche vissuti di crisi o conflittualità nella coppia dopo la nascita del figlio/a, e 1 donna su 5 segnala l’emergere di una maggiore aggressività del partner o dichiara di averne avuto paura. Ben 6 mamme su 10 non hanno accesso al nido, risorsa chiave per la loro partecipazione al mercato del lavoro. In più di 1 caso su 4 ciò è dovuto a carenze del servizio pubblico. Rispetto alle politiche considerate maggiormente amiche dalle mamme, dalla ricerca emerge l’assegno unico, di cui usufruisce il 63% delle intervistate, mentre solo il 15% beneficia del bonus nido. Se quasi la metà del campione non ha intenzione di avere altri figli, perché troppo faticoso (40%), per le difficoltà a conciliare lavoro e famiglia (33%), per mancanza di supporto (26%) o per insufficienza dei servizi disponibili (26%)[21], il sondaggio evidenzia quale sostegno potrebbe cambiare in positivo la propria propensione ad avere ulteriori figli. Tra quelli segnalati emergono un assegno unico più consistente (23%) o la possibilità di asili nido gratuiti (21%), ma anche un piano personalizzato di assistenza tarato sulle esigenze specifiche della famiglia (12%), un’assistenza domiciliare pubblica in caso di malattia del bambino/a per permettere ai genitori di non assentarsi dal lavoro (7%) o un sostegno psicologico pubblico che accompagni le madri nei primi mesi di vita (6%).

"In Italia si parla molto della crisi delle nascite ma si dedica poca attenzione alle condizioni concrete di vita delle mamme, le "equilibriste" sulle quali grava la quasi totalità del lavoro di cura.

Per sostenere la genitorialità occorre intervenire in modo integrato su più livelli. Occorre potenziare il sostegno economico alle famiglie con minori, a partire da tutte quelle che vivono in condizioni di difficoltà, considerando che la nascita di un bambino rappresenta in Italia uno dei principali fattori di impoverimento. Allo stesso tempo, in un Paese dove il numero dei giovani fuori dai percorsi di formazione, studio e lavoro raggiunge una delle percentuali più alte in Europa, è indispensabile garantire ai più giovani l’autonomia abitativa e condizioni lavorative dignitose. I pochi bambini che nascono oggi dovrebbero poi vedere assicurato l’accesso ai servizi educativi per la prima infanzia così come alle cure pediatriche. Eppure sappiamo che questi diritti fondamentali non sono assicurati in tutto il Paese dove permangono, come dimostra l’Indice regionale, gravissime disuguaglianze territoriali. Accanto ad una solida rete di welfare che accompagni i primi mille giorni di vita di un bambino è necessario un deciso impegno per assicurare alle donne – e in particolare alle mamme – la possibilità di sviluppare il proprio percorso lavorativo, riequilibrando i carichi di cura e trasformando un mondo del lavoro ancora oggi in molti casi ostile. Questo significa sanzionare ogni forma di discriminazione legata alla maternità, incentivare il family audit, promuovere l’applicazione piena della legge sulla parità di retribuzione e rendere effettivi tutti gli interventi sulla parità di genere a partire da quelli previsti nel PNRR" ha dichiarato Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.

Nell’ambito dei servizi di sostegno e accompagnamento della maternità, una risorsa è rappresentata dalla sinergia concreta e fattiva tra i piani di investimento pubblici, istituzioni locali e terzo settore, come nel caso del nuovo progetto "San Paolo 0-6: sperimentare una comunità di cura", che ha visto la luce nel 2023 a Bari, grazie al sostegno dell'Agenzia di Coesione Territoriale e del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione. Un vero e proprio hub educativo per le bambine e i bambini da 0 a 36 mesi che prevede anche attività ludiche, culturali e sportive per bambine e bambini fino a 6 anni. Realizzato nel quartiere San Paolo, dove il contrasto alle diseguaglianze e alla povertà educativa rappresentano una sfida cruciale, grazie alla collaborazione con il Comune di Bari, l’Istituto Comprensivo "Don Lorenzo Milani", la cooperativa sociale Occupazione e solidarietà, l’associazione Mama Happy e l’Associazione Culturale Pediatri, il centro promosso da Save the Children realizza percorsi di sostegno ai genitori (orientamento al lavoro, supporto legale, sostegno psicologico) per i nuclei familiari più vulnerabili, grazie ad un modello cittadino di intervento integrato e diffuso con i nidi, le scuole dell’infanzia, i pediatri e gli attori sociali pubblici e privati del territorio. Sabato prossimo 13 maggio 2023, in occasione della Festa della Mamma, il centro San Paolo 0-6 aprirà le sue porte a partire dalle ore 10 al quartiere e alla città per una giornata di festa, di incontri e di condivisione dei primi passi fatti insieme alle bambine, ai bambini e alle famiglie di San Paolo.

I progetti di Save the Children 0-6 anni in Italia

Save the Children Italia, attraverso i suoi programmi dedicati all’area della prima infanzia e rivolti ai bambini e alle bambine tra 0 e 6 anni, realizzati in partenariato con organizzazioni territoriali competenti e qualificate, agisce, fin dalla gravidanza, per sostenere le situazioni più critiche e per tutelare i diritti delle bambine e dei bambini e promuovere il loro benessere, con l’obiettivo di non lasciarne indietro nessuno.

Presente e attivo anche nella città di Bari al Policlinico e in quella di Brindisi con un progetto territoriale in raccordo con Ospedale Perrino, Fiocchi in Ospedale è un programma di intervento precoce, che interviene durante i cosiddetti primi 1000 giorni. È dedicato quindi ai neonati e alle loro famiglie e prevede l’offerta di un servizio di bassa soglia per l’ascolto, l’orientamento, l’accompagnamento e la presa in carico. Si rivolge ai futuri e neo genitori, in particolare quelli che patiscono una situazione di vulnerabilità sul piano socio-economico, culturale o psicologico. Fiocchi in Ospedale, che è oggi presente direttamente in 14 aziende ospedaliere di 9 città[22], e in altre attraverso le sue reti territoriali, ha coinvolto finora, in 10 anni di attività, 38.200 minori e più di 41 mila adulti, ha avviato 10mila percorsi di presa in carico con i servizi sociali e altri servizi del territorio e si è avvalso dell’aiuto di 650 professionisti tra pediatri, ostetriche, mediatori linguistici, assistenti sociali, psicologi, nutrizionisti e assistenti legali, oltre ad aver avviato relazioni strutturate con 180 consultori familiari e 98 servizi educativi per la prima infanzia.

All’azione di identificazione e supporto precoce, si affianca l’offerta di spazi ad alta densità educativa, dedicati ai genitori e ai bambini tra 0 e 6 anni. Si tratta del programma Spazio Mamme, attivo anche nelle città di Bari e Brindisi, per accompagnare gli adulti di riferimento, costruire con loro percorsi di autonomia e sperimentare modelli di attivazione delle comunità territoriali e dei servizi di cura, educativi, culturali e di sostegno sociale. Attualmente ci sono 13 Spazi Mamme attivi nelle città di Milano, Torino, Genova, Roma, Napoli, San Luca (RC), Palermo, Catania e Sassari, oltre alle due città pugliesi, che hanno offerto i loro servizi a più di 7.500 bambine e bambini, genitori e adulti di riferimento, più di 2200 nel solo 2022.

Nel 2019, in occasione del suo Centenario, Save the Children ha lanciato il progetto Per Mano, con l’obiettivo di prendere in carico bambini e bambine, nati in Italia in condizioni di grave vulnerabilità a partire da maggio 2019 con percorsi di accompagnamento personalizzati, condivisi con il nucleo familiare e prolungati nel tempo. Il progetto, che si è concluso nel 2021, ha seguito 917 tra bambine e bambini nelle città di Milano, Torino, Roma, Napoli e Bari. Sulla base della metodologia messa a punto dal progetto Per Mano e fondata sull’azione di figure territoriali di coordinamento – tutor territoriali – e sull’erogazione di doti di cura, sono state attivate due diverse progettualità nelle città di Torino e Milano. A Torino è attivo Per Mano in Piazza, uno sportello di bassa soglia nella popolosa zona di Porta Palazzo, destinato all’ascolto e all’orientamento di nuclei familiari con bambini sotto i sei anni in condizione di grave vulnerabilità. Il progetto è realizzato in collaborazione con il Comune di Torino. A Milano si realizza il progetto Per Mano QuBì, in collaborazione con le reti di welfare territoriali definite dal programma di contrasto alla povertà infantile realizzato dalla Fondazione Cariplo e denominato QuBì. Obiettivo di questa progettualità è quello di assicurare, attraverso l’azione di 6 tutor territoriali e un coordinamento cittadino, il supporto a futuri e neo genitori in condizione di grave vulnerabilità in 23 quartieri della città di Milano.

Infine, partendo dall’esperienza maturata grazie ai progetti Fiocchi in Ospedale, Spazio Mamme e Per Mano e dal dialogo con numerosi e qualificati attori territoriali pubblici e privati, Save the Children ha sviluppato, come anche nella città di Bari, aree ad alta densità educativa per la prima infanzia, attraverso la creazione di poli educativi integrati territoriali che vedono una stretta collaborazione tra le agenzie educative presenti: nidi e scuole dell’infanzia, servizi integrativi per la prima infanzia e i progetti di Save the Children e dei suoi partner. I poli sorgono all’interno di scuole d’infanzia comunali e statali, con l’obiettivo di ampliarne l’offerta educativa pomeridiana e di garantire l’accesso a esperienze educative precoci in quei luoghi in cui le opportunità extra-scolastiche e gli asili nido, strumenti fondamentali per il contrasto alle diseguaglianze, scarseggiano. I Poli Mille Giorni sono presenti nelle città di Moncalieri (TO) Tivoli (RM), Bari, San Luca (RC), Locri (RC), Catania.

Dal 2022 a Roma, in collaborazione con l’Area di contrasto a tratta e sfruttamento, è attivo il progetto Nuovi Percorsi Roma, che supporta nuclei monoparentali ad alta vulnerabilità, anche provenienti da migrazioni forzate e tratta, con bambini e bambine tra 0 e 6 anni, per contrastare il rischio di ogni forma di sfruttamento sessuale o lavorativo e favorire percorsi di autonomia familiare.

Un breve video con testimonianze e grafiche sui dati con sottotitoli è disponibile al link: https://vimeo.com/823732307/4282598934

Un breve video con testimonianze e grafiche sui dati senza sottotitoli è disponibile al link: https://vimeo.com/821980413/db348eec57?share=copy

Una selezione di foto tematiche è disponibile al link: https://drive.google.com/drive/folders/1INmVOG3v-sGC0CkrAoJxsyFq8I-xGSSF?usp=share_link

La versione integrale del rapporto "Le Equilibriste" è disponibile qui: https://www.savethechildren.it/cosa-facciamo/pubblicazioni/le-equilibriste-la-maternita-in-italia-2023

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