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Il Tribunale di Lecce boccia l'Inps in una revoca di indennità di accompagnamento

Data: 13/09/2016 - Ora: 11:08
Categoria: Attualità

inps

Nell'aprile 2016, l'I.N.P.S., sulla base del predetto verbale, revocava inspiegabilmente alla signora l’indennità di accompagnamento

L'iniziativa giudiziaria è stata promossa dagli avvocati Giovanni De Donno e Antonio Vetrugno, a seguito dell'improvvisa revoca da parte dell'I.N.P.S., nei confronti della signora A.M.I., 92enne di Novoli (Lecce), dell'indennità di accompagnamento riconosciutale, sin dal gennaio 2008, perché gravemente affetta da "parkinsonismo aterosclerotico, demenza, spondiloartrosi con crollo vertebrale, discopatie e grave deficit deambulatorio con appoggio obbligato a girello e ad accompagnatore".LA DECISIONE DEL TRIBUNALE conferma un importante orientamento giurisprudenziale in base al quale il Giudice, in sede cautelare e in difetto di emergenze contrarie, deve riconoscere come permanenti determinate situazioni psicofisiche e sanitarie, in difetto di emergenze contrarie, anche sulla scorta di una cognizione sommaria e in termini probabilistici.

Ma ripercorriamo in breve i fatti di causa: nel settembre 2015, l'anziana salentina, già titolare di indennità di accompagnamento, a causa di una ingravescente forma di ipoacusia presentava l'apposita domanda all'INPS per ottenere la fornitura di protesi acustica a carico del servizio sanitario nazionale (legge n.118/1971 e legge n. 833/1978).

All'esito della seduta del 17 febbraio 2016 dinanzi alla Commissione medica integrata per l'accertamento dell'invalidità civile, delle condizioni visive e della sordità di Lecce, la stessa pensionata veniva riconosciuta "invalida ultrasessantacinquenne con difficoltà persistenti a svolgere le funzioni ed i compiti propri della sua età (lieve 34%-66%)", in ragione della seguente diagnosi "Ipoacusia 50%", preceduta dal seguente e scarno esame obiettivo difficoltà sensoriali e dai seguenti dati anamnestici "da anni non ode la comune voce di conversazione".

Nell'aprile 2016, l'I.N.P.S., sulla base del predetto verbale, revocava inspiegabilmente alla signora l’indennità di accompagnamento, di cui era peraltro titolare (dal gennaio 2008) in forza di una sentenza del Giudice del lavoro del Tribunale di Lecce, con decorrenza dal febbraio 2016, contestando alla malcapitata ultranovantenne anche un indebito dell’importo di euro 1.537,02.

La signora A.M.I., non percependo più l’indennità di accompagnamento e così non potendo più far fronte al pagamento della retta mensile presso il pensionato che la ospita da anni e alle spese per l'assistenza (somministrazione di farmaci e alimenti, cura dell'igiene personale, assistenza medica ecc,), si è trovata improvvisamente esposta a notevoli pregiudizi, tali da mettere a repentaglio la sua stessa sopravvivenza.

Così, gli avvocati Giovanni De Donno e Antonio Vetrugno proponevano un ricorso d'urgenza (ex art.700 c.p.c.) innanzi al Giudice del Lavoro di Lecce, evidenziando, in primo luogo, che il verbale della Commissione medica integrata di Lecce non poteva in alcun modo giustificare la revoca dell’indennità di accompagnamento alla signora A.M.I., in quanto la domanda proposta dall'istante era tesa solo all'acertamento del deficit uditivo ai fini dell'eventuale protesizzazione.

Si costituiva in giudizio l'INPS e, con provvedimento del 12.08.2016 reso nel giudizio recante R.G. n. 10359/2016, il Giudice del Lavoro del Tribunale di Lecce – Dott.ssa Gustapane, accoglieva integralmente le ragioni della ricorrente, ritenendo ammissibile il ricorso stante "la sussistenza del pericolo di imminente pregiudizio, tale da non consentire alla ricorrente di agire in via ordinaria a tutela del suo diritto, stante la insufficienza del reddito della medesima, se privo dell’importo della indennità di accompagnamento, a fronteggiare l’ammontare, per come documentata, della retta del pensionato di cui è ospite" e, per l’effetto, ordinando all’INPS di corrispondere alla ricorrente l’indennità di accompagnamento a decorrere dalla revoca della prestazione, con interessi legali o rivalutazione come per legge.

In particolare, il Giudice leccese evidenziava come, dagli atti di causa, non era emerso alcun miglioramento delle condizioni di salute della ricorrente rispetto a quanto sancito con la sentenza di riconoscimento del diritto alla prestazione assistenziale "né siffatto miglioramento possa evincere dal verbale della Commissione medica del 17/02/2016 (svolto presso la casa di cura per l'intrasportabilità della paziente), nel quale si fa riferimento alla sola ipoacusia", confermando, ove ve ne fosse bisogno, l’applicabilità (anche) alle prestazioni assistenziali del principio della inviolabilità del giudicato.

"Questa pronunzia - evidenzia l'avv. Stefano Gallotta, segretario di Codici Lecce – offre spunti di riflessione importanti non solo sul piano giuridico ma anche etico, stanti le potenziali gravissime ripercussioni che una ingiustificata iniziativa posta in essere dall'Istituto può causare a un invalido. Si consideri che, senza la richiamata iniziativa giudiziaria, l'ultranovantenne salentina sarebbe stata costretta ad abbandonare la struttura presso la quale soggiorna da diversi anni e a rinunziare alle indispensabili prestazioni sanitarie ivi erogate. In quanto associazione a tutela dei diritti del cittadino, abbiamo il dovere di stigmatizzare l'adozione di provvedimenti adottati con troppa leggerezza, che possono avere ripercussioni drammatiche per gli anziani, i disabili e i malati".

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