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Carcere di Taranto, condizioni disumane

Data: 23/10/2019 - Ora: 12:52
Categoria: Attualità

carcere di taranto

La protesta della FP Cgil di Taranto

Nel carcere di Taranto si vive e si lavora in condizioni contrarie al rispetto dei diritti umani. Se le autorità competenti non chiariranno definitivamente il futuro di questa struttura, se non garantiranno la sicurezza dei cittadini e dei lavoratori che vi operano all’interno, la Funzione Pubblica ricorrerà agli organi politico-istituzionali al fine di richiedere il ripristino di condizioni di normalità da anni disattese.

Nella conferenza stampa della FP CGIL di Taranto, vi è, oggi, tutto il rammarico e la rabbia di un grido di dolore per anni rimasto inascoltato. A parlare a nome degli agenti della polizia penitenziaria occupati all’interno del "Carmelo Magli" di Taranto, sono il delegato FP CGIL dentro il carcere tarantino, Luca Lionetti, il segretario della FP CGIL Taranto, Mimmo Sardelli e il coordinatore nazionale della FP CGIL Polizia Penitenziaria, Stefano Branchi, che questa mattina ha visitato la struttura e incontrato gli agenti.

Un agente per piano detentivo, nei turni pomeridiani e notturni, arriva a gestire da solo circa 200 detenuti – spiegano – in un carcere che a regime potrebbe ospitare 300 persone, ma che in realtà ne ospita già il doppio. 600 detenuti e detenute, alcuni appartenenti alla malavita organizza e pertanto soggetti a livelli massimi di sorveglianza e centinaia di altri con problemi di salute gravi, turbe di tipo psichiatrico, malattie infettive a cui l’agente di polizia penitenziaria è chiamato a rispondere senza avere chiari protocolli operativi di riferimento o semplici dispositivi di protezione come guanti o mascherine.

Una bomba ad orologeria che solo la fortuna ha consentito ad oggi di far rimanere inesplosa – dicono ancora i referenti della FP CGIL – perché in casi come quelli dei detenuti con problemi di tipo psichiatrico il rischio di aggressioni o fenomeni di autolesionismo è all’ordine del giorno.

Una condizione di precarietà diffusa che colpisce anche il rapporto con i detenuti stranieri.

In assenza di mediatori culturali, aumentano i casi emarginazione, che sfociano ancora una volta in situazioni di grave disagio psicologico – affermano in conferenza stampa – tutto mentre i detenuti continuano a vivere in celle al di sotto dei tre metri quadri garantiti dalla CEDU (Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo), aprendo l’onerosa strada dei contenziosi per il risarcimento danni allo Stato Italiano.

E’ un anticamera dell’inferno che riguarda detenuti e agenti, costretti a condividere un girone dantesco di disumanità che non possiamo più tollerare – affermano – perché il personale sottodimensionato (per 300 detenuti previsti 277 agenti, in servizio reale 259 - ndr) attende un cambiamento radicale da anni, ma nel frattempo continua ad ammalarsi nel corpo e nell’anima, perché il carcere segna profondamente chi entra in contatto con tanta sofferenza.

E’ un lavoro che abbiamo scelto di fare – afferma Lionetti – ma non così, ma non in queste condizioni.

Nel frattempo sull’Istituto tarantino aleggia l’ipotesi di apertura di un nuovo padiglione per altri 200 posti di detenzione.

"Nel carcere più affollato d’Italia passeremmo dai 600 ospiti detenuti di oggi a circa 800, se non di più, visto il grado di "tolleranza" sulla capienza consentita da leggi e norme – sottolineano.

Nell’esprimere la nostra solidarietà agli operatori della Polizia Penitenziaria – dicono infine Sardelli e Branchi - ribadiamo con forza che non ci accontenteremo più della stima o delle pacche sulla spalla. Ci sono cittadini e lavoratori da tutelare nei loro diritti fondamentali, e di questo temporeggiare ne abbiamo abbastanza".

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